Oro: in fondo, non così «nobile»
Secondo un'équipe di ricercatori di Germania, Francia e Svezia, l'oro non è così resistente alle reazioni chimiche come si credeva un tempo. L'équipe ha tratto tale conclusione dopo aver testato il metallo a una pressione molto elevata presso il laboratorio europeo di radiazione di sincrotrone (ESRF) a Grenoble (Francia). L'oro è conosciuto e considerato molto prezioso sin dalla preistoria. Il ruolo straordinario assunto dal metallo nel mondo è riconducibile in parte al fatto che è il meno reattivo (nobile) di tutti i metalli. Benché possa formare legami con altre sostanze chimiche, presenta una resistenza eccezionale all'ossidazione, anche a temperature elevate. Grazie alla sua capacità di resistere a pressioni e temperature elevate, nonché alla sua alta compressibilità isotermica, l'oro è stato diffusamente utilizzato quale marcatore di pressione per esperimenti con livelli di pressione superiori a 100 GPa (1 milione di atmosfere). Tuttavia, i ricercatori hanno appena scoperto che questo metallo reagisce se soggetto a pressioni superiori a 240 GPa (due milioni quattrocento atmosfere). La scoperta è avvenuta semplicemente posizionandone un campione all'interno di una cella ad incudine di diamante che è stata poi riscaldata elettricamente all'esterno, consentendo ai ricercatori di studiare l'oro a pressioni simili a quelle che si rilevano nel nucleo terrestre. «Questi nuovi risultati sperimentali e teorici ci ricordano che non esiste un materiale "assoluto" immodificabile, e il metallo più nobile di tutti, l'oro, non costituisce un'eccezione alla regola», ha spiegato Leonid Dubrovinsky, il ricercatore principale dell'esperimento. Gli studiosi ritengono che la loro scoperta contribuirà a fissare standard per gli esperimenti ad alta pressione.