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How citizens try to influence politics and why. International comparisons of movement and party politics

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Politica, l’arte della possibilità: ma chi sceglie la politica di partito e chi sceglie la protesta, e perché?

Non sarebbe errato supporre che la politica di partito tradizionale sia stata messa da parte dall’affermarsi di una forma di politica di protesta più aggressiva e più diretta, sovraccarica degli anni di austerità seguiti al crollo finanziario del 2008-2009. Un progetto finanziato dal CER, POLPART, è stato dedicato a comprendere come e perché le persone si impegnino in politica e cosa significa questo in relazione ai costanti tentativi di rafforzare e preservare le nostre democrazie per il futuro.

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POLPART (How citizens try to influence politics and why. International comparisons of movement and party politics) ha seguito le tendenze e i movimenti relativi alla partecipazione politica dei cittadini sia in Europa che in America Latina. Una delle domande fondamentali a cui il progetto ha tentato di rispondere era perché alcune persone siano attratte dalla partecipazione politica attraverso il processo politico formale e perché altri preferiscano impegnarsi in una politica di protesta. Il modo migliore per rispondere a queste domande era parlare con i cittadini stessi, cosa che i ricercatori di POLPART hanno fatto in determinati gruppi di controllo coprendo, oltre alla Grecia, quattro democrazie denominate democrazie «piene» (Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Regno Unito) e quattro definite come democrazie «imperfette» (Argentina, Brasile, Ungheria e Romania). I cittadini sono arrabbiati All’inizio delle sessioni del gruppo di controllo, il team di POLPART chiedeva ai partecipanti quale fosse il loro primo pensiero in merito al concetto di politica. «La risposta è stata sorprendentemente negativa e cinica con scarsa fiducia nelle istituzioni politiche, specialmente nei casi di studio relativi alla democrazia “imperfetta”», esclama il prof. Klandermans, che ha ricevuto una sovvenzione del CER per guidare questo progetto. «Persino nel caso delle valutazioni positive, si trattava soprattutto di una questione di aspirazione e di pia illusione. Abbiamo ricevuto molte reazioni diverse, ma si trattava principalmente di reazioni istintive. Nonostante più avanti nelle discussioni di gruppo le valutazioni siano diventate più discrete, il parere è rimasto comunque negativo». Ciò non sorprende di certo. L’Europa è ancora alle prese con i postumi della crisi economica e l’immigrazione è diventata una questione polarizzante da quando la crisi migratoria del 2015 e i partiti populisti, sia di sinistra che di destra, hanno assunto una maggiore importanza in tutto il continente, dalla Spagna alla Svezia e dall’Italia alla Germania. Sia Argentina che Brasile sono attualmente in fase di recessione e la disuguaglianza sta tornando alla ribalta. Il crescente disaccordo in merito alla politica di partito tradizionale si evince meglio dalla vittoria di Jair Bolsonaro alle elezioni per la presidenza del Brasile nell’ottobre 2018 e dalle frequenti e vigorose proteste di piazza a Buenos Aires contro la crisi economica e le misure di austerità. Il voto è ancora la scelta migliore Ma il progetto ha registrato anche alcune notizie positive. «La maggiore attività politica che abbiamo registrato è ancora il voto (nelle elezioni), seguita dalla firma di petizioni e dal voto nei referendum», spiega il prof. Klandermans. «Pertanto, possiamo tranquillamente affermare che una grande percentuale di cittadini è ancora attivamente coinvolta e impegnata in processi politici formali, indipendentemente dagli attuali livelli di rabbia e sfiducia nei confronti della politica in generale». Ma cos’è che spinge le persone a impegnarsi in politica, in primo luogo? Con una sola eccezione, ossia la povertà, i cittadini sono tanto più pronti a partecipare all’azione politica quanto più sono risentiti. «Questo è un tratto che contraddistingue entrambe le democrazie, quella “piena” e quella “imperfetta”», spiega il prof. Klandermans. «È importante sottolineare che è la rabbia a far sì che le persone si impegnino in una politica di movimento/protesta piuttosto che in una politica di partito quando si affrontano determinate problematiche, sia che ciò significhi firmare una petizione oppure partecipare a una manifestazione». Più le persone sentono che la loro partecipazione a un’attività specifica fa la differenza, più sono disposte a impegnarsi in questa attività. «Il fattore più forte che stimola la partecipazione politica in generale è l’efficacia esterna. È interessante notare che coloro che hanno scelto di contattare i politici hanno scoperto che la strategia è al di sopra della media per quanto concerne l’efficacia», afferma il prof. Klandermans. «A quanto pare il legame tra tentativo ed effetto è più forte grazie a questo contatto diretto con i rappresentanti eletti». Votare o protestare? Questo è il dilemma Nel complesso, POLPART ha scoperto che quanto più le persone sono arrabbiate, tanto più è probabile che optino o per una politica di partito o per una politica di protesta. «Le persone più ciniche sono più propense a votare o firmare una petizione ufficiale, mentre quanto più le persone si sentono internamente efficaci, tanto più è probabile che scelgano una forma di politica di protesta», spiega il prof. Klandermans. POLPART ha anche rilevato che l’attivismo di partito del passato rende più probabile l’attuale attività di partito e il coinvolgimento in attività di movimento nel passato rende l’attività di movimento futuro più probabile. «Tuttavia, è interessante notare che l’impegno civico non influisce sull’impegno in politica in maniera sistematica», afferma il prof. Klandermans. «Abbiamo rilevato che la partecipazione civica può essere indipendente o correlata negativamente all’impegno politico. Il prof. Klandermans e il suo team stanno continuando a lavorare su ulteriori pubblicazioni POLPART e nel 2020 i loro dati completi saranno resi disponibili all’intera comunità accademica.

Parole chiave

POLPART, partecipazione politica, voto, elezioni, politica di protesta, cittadini

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