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Alla conferenza della FES la comunità della ricerca richiede risposte dal SER

«Ritengo che nell'arco dell'anno prossimo, all'interno dell'agenda politica vi sarà spazio per lo svolgimento in Europa di un interessante dibattito sul futuro», ha dichiarato Ian Halliday, presidente della Fondazione europea della scienza (FES), alla sessione inaugurale della...

«Ritengo che nell'arco dell'anno prossimo, all'interno dell'agenda politica vi sarà spazio per lo svolgimento in Europa di un interessante dibattito sul futuro», ha dichiarato Ian Halliday, presidente della Fondazione europea della scienza (FES), alla sessione inaugurale della conferenza promossa dalla FES sullo Spazio globale di ricerca (Glorea). «Queste occasioni non si presentano spesso e credo che questa volta, con coerente determinazione e obiettivi ben definiti, potremmo convincere le classi politiche ad aiutarci e ad agire. Credo che l'Europa potrebbe trarne grandi benefici», ha aggiunto il presidente della FES. Da quando, all'inizio dell'anno, la Commissione europea ha aperto il dibattito sul futuro dello Spazio europeo della ricerca (SER), le discussioni si sono concentrate sul modo di contrastare la frammentazione del panorama scientifico europeo e di realizzare una versione del SER che rifletta gli interessi di tutte le parti interessate d'Europa. Oltre a rispondere all'invito della Commissione europea a presentare osservazioni sul SER, il 28 novembre la Fondazione europea della scienza ha anche organizzato la sua prima conferenza in materia di politica scientifica per offrire alle parti interessate la possibilità di esprimere il proprio parere sul programma, volto a produrre effetti di vasta portata sulla scienza europea. Alla conferenza la richiesta di risposta è rimasti disattesa poiché in realtà si sono affrontate questioni che hanno inevitabilmente suscitato altri interrogativi. Primo fra tutti, il professor Halliday, ha chiesto come dovrebbe essere composta l'agenda scientifica per l'Europa. Dovrebbe incentrarsi esclusivamente sulla ricerca «blu sky» o associare quest'ultima all'innovazione? I governi dovrebbero incoraggiare più attivamente l'innovazione oppure i ricercatori dovrebbero essere incoraggiati a esplorare possibilità che nessuno ha mai immaginato? «Inoltre, questione ancora più importante e complessa, come applicare la scienza alle possibilità che potrebbero esistere ma di cui non si è effettivamente a conoscenza?» ha chiesto il professor Halliday, presidente del FES e fisico teorico delle particelle. «Il mio esempio preferito sono gli americani, che utilizzano, e si appropriano, della tecnologia altrui per fare funzionare Internet. Pensate all'impatto sulla società. Non si è trattato di una soluzione a un'esigenza sociale, bensì di una constatazione: abbiamo a disposizione qualcosa di interessante che è molto più di una scienza matura. In che modo lo facciamo funzionare, come possiamo trasformarlo in uno strumento concreto?» Riguardo a quella che viene solitamente considerata «sana concorrenza», il professor Halliday ha cercato di evidenziare la duplicazione degli sforzi e la frammentazione della ricerca e dei fondi per la ricerca nei vari Stati membri. Il Consiglio europeo per la ricerca deve evitare queste insidie, ha dichiarato. «Che cosa intendo con duplicazione? Mi riferisco al timore che nel Regno Unito, in Svezia o in qualunque altro paese si finanzino progetti che in realtà sono identici a iniziative analoghe finanziate in Italia o in altri Stati. Anche in questo caso mi baso sull'esperienza. Nel Regno Unito è stato condotto il migliore esperimento sulla materia oscura che sia stato realizzato in Europa. In Francia anche e in Italia pure. Non può essere vero. Esiste il concreto sospetto che i soldi avrebbero potuto essere spesi meglio e questa è una situazione che si è verificata più volte in Europa. Quindi, come possiamo ottenere la necessaria visibilità e trasparenza?» Secondo Colin Blakemore, neuroscienziato di Oxford e fino a ottobre direttore del Medical Research Council (Consiglio per la ricerca medica) del Regno Unito, la cooperazione non deve essere considerata fine a se stessa. «Non si deve perdere di vista l'obiettivo più ampio: l'integrazione e la cooperazione non sono fini a se stesse. Sono strumenti volti ad apportare maggiori benefici alla scienza. Ma è sempre così? È assolutamente indispensabile che per avere successo in ambito scientifico l'Europa debba avvalersi di una cooperazione transnazionale rafforzata? Vale la pena di riflettere su questo punto», ha affermato. Il professor Blakemore ha evidenziato infrastrutture e iniziative scientifiche europee di successo, in cui la cooperazione era necessaria, come l'enorme collisionatore frantuma-atomi del CERN di Ginevra o il progetto sul genoma umano e l'Istituto europeo di bioinformatica. «Gli esempi sono evidenti, ma, come si può constatare, in ogni caso la necessità di cooperare è riconducibile a un determinato obiettivo scientifico anziché alla cooperazione rafforzata in sé», ha dichiarato il professor Blakemore. «Dobbiamo essere molto cauti e riconoscere che il motore della cooperazione non è la cooperazione stessa, bensì l'obiettivo di offrire un sostegno migliore alla scienza nei casi in cui è indispensabile cooperare.» Il professore ha proseguito illustrando il suo parere, secondo cui se in ambito scientifico gli Stati Uniti hanno assunto un ruolo dominante nel mondo, non è stato rafforzando la cooperazione, bensì stimolando l'eccellenza individuale e incoraggiando tale eccellenza con le risorse giuste. Il professor Blakemore ha convenuto che con il Settimo programma quadro (7°PQ), la Commissione europea ha riconosciuto l'importanza fondamentale di tale strategia per lo sviluppo di una ricerca fondamentale di alta qualità e ha fatto proprio tale pensiero quando ha istituito il Consiglio europeo per la ricerca (CER). Ora, a suo avviso, il problema è la sfida paradossale che le agenzie nazionali di finanziamento devono affrontare a seguito della nascita del CER, che secondo la maggior parte degli operatori è destinato a diventare un grande successo europeo. «Il CER ha ricevuto un sostegno enorme da parte delle agenzie nazionali di finanziamento. In questo modo il programma quadro per la ricerca ha potuto riconoscere meglio l'eccellenza, sfuggire dalla perenne influenza del controllo politico dall'alto verso il basso in ambito scientifico e strategico e restituire il potere agli scienziati, limitandosi a finanziare quanto di meglio esiste in Europa, in qualunque settore e a utilizzare questo metodo per orientare l'eccellenza attraverso la concorrenza nella scienza», ha affermato. «Eppure, paradossalmente, quanto più efficace risulterà il CER operando proprio in questo senso, tanto più sarà legittimo chiedersi in che cosa si distingua dalle altre agenzie nazionali, e di conseguenza i finanziatori nazionali saranno sempre più esortati a decurtare i finanziamenti a nostro favore e a destinarli al CER», ha aggiunto. La soluzione proposta dal professor Blakemore è questa: le agenzie nazionali devono dimostrare di saper avviare insieme iniziative nuove e innovative a livello europeo al fine di orientare insieme la formazione del SER. Illustrando le opinioni sul SER dal punto di vista del settore privato, Andrew Dearing, dell'Associazione europea per la gestione della ricerca industriale (European Industrial Research Management Association, EIRMA), ha affermato: «Nel linguaggio aziendale diremmo che occorre definire e progettare una strategia imprenditoriale più forte per lo Spazio europeo della ricerca affinché tutti, a partire dall'uomo della strada, capiscano che si tratta semplicemente di creare le basi per un'efficace società fondata sulla conoscenza di cui chiunque potrà beneficiare», ha affermato. «Se non lo faremo, esauriremo lo slancio politico. Inoltre, per usare la mia metafora preferita, ritengo che per fare questo non dovremo seguire la logica dell'orchestra sinfonica, bensì la sinfonia della jazz band, inducendo le parti interessate a lavorare al giusto livello», ha aggiunto. Alla conferenza è intervenuta anche Mary Minch, della Commissione europea, che ha annunciato un programma volto a saltare la fase del Libro bianco sullo Spazio europeo della ricerca e a passare direttamente alla realizzazione degli obiettivi chiave sotto la presidenza slovena nel 2008.

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