Simulazione del carico articolare dinamico per i trattamenti per l’osteoartrite di nuova generazione
L’osteoartrite (OA), una patologia in cui le articolazioni delle persone affette diventano rigide e dolenti, è debilitante poiché riduce la mobilità e la capacità di eseguire anche le normali attività quotidiane. I trattamenti attuali si limitano alla gestione del dolore, al sollievo a breve termine mediante l’uso di steroidi o iniezioni di acido ialuronico e alla terapia di rinforzo. In caso di OA grave, le opzioni sono i trapianti di cellule o di tessuto (che hanno scarso successo) o l’artroplastica articolare. Benché l’artroplastica articolare sia generalmente efficace, il fallimento precoce dell’impianto, generalmente dovuto a usura e allentamento, rimane un problema e rende necessaria la correzione chirurgica. Con il supporto di un finanziamento dell’UE, il progetto MSCHIPBIO ha combinato avanzate metodiche di simulazione al computer per collegare previsioni dettagliate del carico articolare dell’anca basate sul corpo intero con simulazioni al livello di articolazione della risposta della cartilagine al carico per una varietà di attività quotidiane. Questi profili di carico dinamico, sviluppati presso la ETH Zurich, potrebbero contribuire a rendere la nuova generazione di impianti sintetici una soluzione in grado di riprodurre con maggiore accuratezza le prestazioni naturali e perfino di superarle.
Costruzione di profili biomeccanici
Due dei metodi più promettenti per alleviare l’OA grave sono gli interventi basati sul risparmio di tessuto e i trattamenti rigenerativi. Nelle tecniche a risparmio di tessuto, l’articolazione naturale viene rimodellata chirurgicamente per ripristinare quanto più possibile la sua forma e funzione normale oppure piccoli frammenti di tessuto (ad es. cartilagine) prelevati da siti donatori in zone del corpo che non sostengono carichi vengono trapiantati nelle aree danneggiate. Nei trattamenti rigenerativi viene trapiantato materiale potenzialmente caratterizzato da una maggiore attività biologica rispetto alla propria cartilagine del paziente (che soccombe alla degenerazione legata all’età). Candidati promettenti sono i biomateriali morbidi che simulano la cartilagine naturale, integrati con fattori di crescita biologici e/o cellule staminali di un donatore che stimolano la crescita di nuovo tessuto cartilagineo. Tuttavia, il problema rimane quello di trovare un materiale sufficientemente resistente da sopportare provvisoriamente il carico mentre il nuovo tessuto cresce nella sede della lesione. «Una possibilità è utilizzare i modelli elaborati dal progetto MSCHIPBIO per studiare l’esito potenziale dei trattamenti a risparmio di tessuto, in modo da poter ottimizzare i processi di riposizionamento o di rimodellamento per riportare le sollecitazioni interne dell’articolazione a livelli normali», afferma il dott. Xijin Hua, ricercatore principale del progetto. «I modelli potrebbero anche fornire indicazioni per fare in modo che le protesi articolari riproducano il comportamento delle articolazioni naturali autolubrificanti, consentendo così di aumentare la loro longevità». Un esito inatteso delle simulazioni è stato l’osservazione di una funzione “autosigillante” nell’articolazione naturale dell’anca, per cui periodi prolungati di carico determinano una riduzione delle sollecitazioni nella cartilagine in corrispondenza dei margini articolari, con una potenziale diminuzione del rischio di danno tissutale.
Necessità di ulteriore lavoro di modellizzazione
I modelli su scala corporea sono attualmente disponibili in un archivio di AnyBody Modelling System, la struttura di simulazione utilizzata per la loro creazione, e possono essere consultati da tutti coloro che dispongono di una licenza per questo software. La progettazione del modello su scala articolare, basata sul software di simulazione gratuito di libero accesso FEBio, verrà illustrata in una prossima pubblicazione in maniera sufficientemente dettagliata da poter essere riprodotta da altri ricercatori in campo biomedico. I produttori di impianti ortopedici sono interessati all’uso di tali modelli per sostituire alcuni dei loro test di laboratorio preclinici con l’obiettivo di fabbricare impianti più robusti in tempi più rapidi. In ultima analisi, i modelli potrebbero anche essere integrati in pacchetti software di pianificazione chirurgica generale. «Nel complesso, queste opzioni potrebbero influire sul trattamento futuro dell’OA, con la speranza che permettano di migliorare le cure e ridurre i costi sanitari», sostiene il prof. Stephen Ferguson, supervisore della ricerca. Il dott. Hua intende continuare l’integrazione delle diverse scale del modello per studiare una gamma più ampia di condizioni di carico dell’articolazione dell’anca nell’uomo nonché per analizzare le prestazioni delle protesi articolari o delle terapie di trapianto di cartilagine. Questa ricerca è stata intrapresa con il supporto del programma Marie Skłodowska-Curie.
Parole chiave
MSCHIPBIO, anca, articolazione, protesi, osteoartrite, artroplastica, biomeccanica, tessuto, rigenerativo, simulazione, impianto