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I pesci polari ispirano polimeri antigelo sintetici

Un team di ricercatori ha sviluppato polimeri sintetici che imitano la funzione delle proteine ​antigelo presenti nei pesci polari. Questo potrebbe finalmente fornire una soluzione scalabile e a basso costo per applicazioni in cui il ghiaccio rappresenta un problema.

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Nonostante le temperature superficiali siano spesso sotto lo zero, gli oceani polari sono ricchi di vita. I pesci polari prosperano in questi ambienti grazie ad adattamenti unici, che includono la produzione di proteine leganti il ghiaccio, note anche come proteine antigelo. «Queste proteine sono notevoli», spiega il coordinatore del progetto CRYOMAT, Matthew Gibson, professore di chimica presso l’Università di Warwick. «Riescono a riconoscere e legarsi al ghiaccio, nonostante siano disciolte in acqua. Abbassando il punto di congelamento del sangue, assicurano che il ghiaccio non si formi». Gibson osserva che queste proteine​ hanno anche una seconda proprietà, ovvero la capacità di impedire ai cristalli di ghiaccio già formati di ingrandirsi. Tale capacità di inibire la ricristallizzazione del ghiaccio potrebbe aprire a nuove applicazioni che vanno dalla capacità di rendere il cibo congelato più gradevole all’aiutare il congelamento delle cellule e dei tessuti dei donatori. «La difficoltà sta nel fatto che le proteine leganti il ghiaccio sono incredibilmente diverse», afferma. «Per sviluppare soluzioni utili a livello industriale, è fondamentale sapere come funziona una determinata proteina target e se è scalabile».

Replicare la funzione proteica

La motivazione alla base del progetto CRYOMAT era sviluppare polimeri sintetici che riproducessero la funzione di queste proteine leganti il ghiaccio/antigelo, senza effettivamente «sembrare» proteine. Questa ricerca è stata sostenuta dal Consiglio europeo della ricerca. «Il vantaggio principale è che la sintesi dei polimeri è molto scalabile e può essere eseguita a basso costo», osserva. «Volevamo dimostrare che i nostri polimeri sintetici erano in grado di simulare la funzione delle proteine leganti il ghiaccio. Volevamo riprodurre ciò che fanno piuttosto che il loro aspetto, cosa che all’epoca ha rappresentato una strategia unica». Gibson e il suo team hanno sviluppato e caratterizzato polimeri di varie dimensioni e forme e poi hanno esaminato il modo in cui essi hanno inciso sulla crescita del ghiaccio. «Uno degli obiettivi principali era garantire che esaminassimo sistematicamente il modo in cui la struttura influisce sulla funzione», aggiunge. Il progetto ha scoperto un polimero che potrebbe inibire la crescita del ghiaccio. «Questa è in realtà un’eventualità piuttosto rara», afferma Gibson. «Abbiamo anche identificato alcune classi di materiali attivi e abbiamo mostrato come questi possono avvantaggiare la crioconservazione della cellula. Li abbiamo poi confrontati in applicazioni in cui le proteine antigelo hanno un potenziale, per provare davvero a convalidarne l’uso».

Potenziale di legare il ghiaccio

Gibson e il suo team hanno iniziato a lavorare con i partner del settore al fine di studiare potenziali applicazioni industriali che includono lo stoccaggio della catena del freddo per i tessuti biologici. «Esiste un enorme potenziale per i materiali che legano il ghiaccio nei settori aerospaziale, biotecnologico, medico, edile e persino della scienza spaziale», spiega. «Qualsiasi processo esposto a basse temperature deve essere resistente alla possibilità di formazione di ghiaccio. Sono davvero entusiasta di vedere come questo settore continui a crescere». Gibson e il suo team sono riusciti a ottenere una sovvenzione «proof of concept» del CER incentrata sulla crioconservazione delle cellule staminali, che si basa su alcuni di questi risultati del progetto. «È andata molto bene», aggiunge. «Abbiamo depositato brevetti sull’argomento e ora stiamo creando una società spin-off per portare avanti questo lavoro». Gibson osserva inoltre con orgoglio che gli studenti e i ricercatori postdottorato che hanno lavorato a CRYOMAT hanno intrapreso carriere nell’industria, nel mondo accademico, nell’insegnamento e oltre. «Questo progetto mi ha anche aiutato a livello personale a determinare veramente la mia professione e lavorare attraverso una serie di confini interdisciplinari», conclude. «La flessibilità e il finanziamento a lungo termine mi hanno consentito di perseguire alcune aree di ricerca rischiose che sono tuttavia fondamentali per la nostra comprensione».

Parole chiave

CRYOMAT, proteine, antigelo, sotto zero, ghiaccio, cellule, crioconservazione, polimeri, biotecnologie

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