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Bio-derived HIgh Value polymers through novel Enzyme function

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Alla ricerca del tesoro nella «materia oscura» dei genomi microbici

Il settanta per cento dei geni identificati svolge una funzione a noi sconosciuta. Il progetto BHIVE è stato avviato nella speranza di scoprire quali di essi possano «trasformare il ferro in oro».

Le biomasse come i residui agricoli, i prodotti forestali e rifiuti alimentari sono una risorsa importante nell’UE. Ci si attende che entro il 2030 quasi 1 miliardo di tonnellate di tali materiali verranno immesse sul mercato. Gran parte di essi viene utilizzata come fonte di energia, sia sottoponendo le biomasse a fermentazione per trasformarle in combustibile, sia bruciandole direttamente. Il progetto BHIVE, finanziato dall’UE, ha cercato delle modalità per estrarre un valore maggiore da questa materia prima, grazie alla mappatura della «materia oscura» dei genomi microbici. «L’obiettivo era quello di studiare più approfonditamente le sequenze genetiche senza una funzione nota, concentrandosi in particolare su quelle che potrebbero trasformare la biomassa in prodotti molto richiesti», spiega Emma Master, la coordinatrice del progetto. La funzione della gran parte dei geni identificati ad oggi attraverso il sequenziamento del genoma rimane sconosciuta. «Si tratta di un tesoro di biocatalizzatori, che può essere sviluppato per diversi settori industriali», aggiunge Master. Il suo team presso l’Università di Aalto, in Finlandia, ha studiato le sequenze comuni riscontrate in vari genomi microbici, nella speranza di trovare nuovi enzimi in grado di trasformare la lignocellulosa, il materiale fibroso che compone gran parte della materia secca dei vegetali.

Prodotto a valore aggiunto

Nei paesi nordici come la Finlandia, la biomassa richiede molto tempo per svilupparsi ed è difficile da trasformare, rendendo complesso convertirla in prodotti a valore più alto. «Molti biocatalizzatori sviluppati da tale conversione sono incentrati sulla decostruzione, ossia la trasformazione di cellulosa in zuccheri, con una fermentazione che la trasformi in prodotti chimici di base e in combustibili», afferma Master. «La nostra attenzione si è concentrata su biocatalizzatori che sviluppano, invece di degradare». Ad esempio, i ricercatori hanno aggiunto alcuni enzimi alle fibre di cellulosa derivate dalla polpa degli alberi, al fine di funzionalizzare il materiale. Per indagare lo spazio genomico delle piante non ancora caratterizzato, Master e il suo team dovevano sviluppare nuove tecniche. «Nel campo della genomica, i risultati si basano su ciò che si analizza. Possiamo scoprire solo ciò che sappiamo come osservare», aggiunge. «Se non sai qual è la funzione, come puoi chiarirla?» Il team, invece, ha iniziato a indagare l’attività enzimatica di interesse, lavorando a ritroso per costruire uno screening che identificasse i catalizzatori in grado di produrre tali reazioni. A rendere le cose più difficili è il fatto che l’analisi enzimatica è generalmente svolta in soluzione, ma la lignocellulosa non è solubile. «Abbiamo dovuto ripensare il modo in cui cercare quell’attività e sviluppare metodi di etichettatura fluorescente e spettrometria di massa che ci permettessero di cercare i cambiamenti in questi substrati insolubili», osserva Master. Il gruppo di ricerca ha esaminato migliaia di geni, restringendoli ad alcune centinaia, poi analizzate per comprenderne la funzione. «Abbiamo adottato un approccio basato sul concetto “colpevole per associazione”: ci siamo soffermati su indizi nel genoma che ci hanno aiutato ad avvicinarci a sequenze probabilmente importanti per la funzionalizzazione della lignocellulosa», spiega. Al termine del processo, i ricercatori hanno caratterizzato quasi 100 proteine.

Nuovo e migliorato

Molti degli enzimi scoperti si sono dimostrati particolarmente interessanti. Tra di essi vi è un enzima amminante che può aggiungere la funzione dell’ammina ai polisaccaridi. «È utile per produrre materiali antimicrobici e polimeri chelanti», osserva Master. «Le piante non producono polisaccaridi con ammine in grande quantità, ma sono utili per le applicazioni tessili». Un altro enzima, come scoperto dal team, è in grado di alterare la struttura della fibra di cellulosa, modificandone la porosità e la flessibilità, entrambe funzioni utili per produrre tessuti come il rayon. «Il processo di produzione del rayon non è sostenibile e c’è grande interesse nel trovare una strada più sostenibile per fabbricare questo tessuto, sostituendo il cotone con il legno», osserva Master. Attualmente il lavoro sugli enzimi prosegue presso l’Università di Aalto, tramite una collaborazione con ricercatori in Spagna e Svezia e con un partner industriale. «Non avremmo potuto svolgerlo senza i finanziamenti del CER», afferma Master. «Questo lavoro ha portato nuove trasformazioni e ha aperto delle strade innovative, per noi e per l’Europa, nell’ambito dei biocatalizzatori e dell’ingegneria dei biomateriali».

Parole chiave

BHIVE, enzima, biocatalizzatore, genomica, legno, polpa, cellulosa, upgrade, trasformare, biomateriali, ingegneria

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