Un’interfaccia cervello-computer per il trattamento delle malattie neurologiche
Il cervello è una rete straordinariamente complessa che si è evoluta per elaborare gli input del mondo reale attraverso eventi elettrici e connessioni che si riorganizzano in modo autonomo. Il malfunzionamento di queste reti può portare a malattie neurologiche come il Parkinson e la demenza. Nel progetto SYNCH, finanziato dall’UE, gli scienziati hanno sviluppato un’interfaccia cervello-computer all’avanguardia, fondendo una rete artificiale su un chip di silicio con una rete biologica nel cervello di un ratto. L’idea è quella di utilizzare un giorno questo sistema per inviare messaggi attraverso le reti neurali danneggiate del cervello umano. «La nostra visione è che un giorno i neuroni artificiali sostituiranno quelli danneggiati nel cervello e recupereranno la funzione ricevendo e inviando segnali a quelli rimasti integri, ma la strada da percorrere è ancora lunga», spiega Stefano Vassanelli, professore associato di Fisiologia presso l’Università di Padova.
Un’idea innovativa nata in laboratorio
Nel corso di un precedente progetto finanziato dall’UE, Vassanelli e colleghi hanno scoperto di poter far sì che i neuroni cerebrali in coltura in una capsula e i neuroni artificiali su un chip si scambino segnali in modo simile ai neuroni del cervello. «Allora, perché non provare a far comunicare allo stesso modo neuroni artificiali e biologici nel cervello reale? Questo è stato l’inizio di SYNCH», spiega Vassanelli. Il nuovo dispositivo viene impiantato all’interno del cervello dell’animale e può essere controllato dall’esterno. Tuttavia, il team ritiene che l’intelligenza artificiale ispirata al cervello renderà tali impianti più efficienti e autonomi, e maggiormente in grado di recuperare le funzioni cerebrali. Attraverso il progetto SYNCH, i ricercatori hanno dimostrato con successo la prova del concetto della tecnologia nel cervello di un ratto. I neuroni artificiali, hanno osservato, erano in grado di capire se gli stimoli tattili venivano forniti all’animale o provenivano da altri neuroni in strutture cerebrali profonde, se questi stimoli sensoriali erano associati a una ricompensa interna e all’apprendimento. Viceversa, hanno dimostrato che i neuroni artificiali possono controllare in qualche misura i neuroni del cervello.
Parlare con un cervello di topo via internet
L’installazione di un cervello artificiale in un topo comporterebbe una serie di sfide in qualsiasi circostanza. Ma la pandemia di COVID-19 ha portato le sue difficoltà: in particolare, tutte le varie parti dell’interfaccia cerebrale erano bloccate in diversi paesi. La squadra è comunque riuscita a trovare un modo. «Inviando segnali attraverso internet, abbiamo potuto creare un ibrido cervello-neuroni artificiali distribuito in tutta Europa», aggiunge Vassanelli. «La comunicazione non è stata ottimale a causa dei ritardi di internet, ma è stata molto utile per sviluppare la tecnologia.» La sfida più importante è stata quella di dimostrare che i neuroni artificiali sono in grado di distinguere i diversi contenuti informativi nell’attività dei neuroni cerebrali e di inviare segnali appropriati per regolare la loro attività in modo controllato. «Ciò ha richiesto un grande sforzo, sia in termini di sviluppo degli algoritmi teorici che regolano la rete neuronale artificiale, sia in termini di ingegneria delle comunicazioni per registrare e trasmettere i segnali in tempo reale», spiega Vassanelli.
Verso un’interfaccia cervello umano-computer
Il team punta ora a rendere la tecnologia impiantabile nel cervello umano, in termini di portabilità, biocompatibilità e sicurezza d’uso. «Dobbiamo dimostrare l’efficacia e la sicurezza del dispositivo in un modello animale di patologia come il Parkinson, e poi dimostrarlo nei pazienti», conclude Vassanelli.
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