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Ultra-fast Graphene Photodetectors

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Soluzioni basate sul grafene per l’informatica d’avanguardia

La dimostrazione della fattibilità dello sviluppo di elettronica basata sul grafene potrebbe contribuire ad affermare la posizione dell’Europa quale leader mondiale nei semiconduttori di prossima generazione.

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Il grafene, un materiale a base di carbonio che offre proprietà eccezionali tra cui resistenza, flessibilità, trasparenza, assorbimento a banda larga e conducibilità, dispone di un significativo potenziale per lo sviluppo dell’elettronica e della fotonica di prossima generazione. I dispositivi basati sul grafene, ad esempio, potrebbero essere più veloci e meno pesanti di quelli esistenti realizzati in silicio, germanio e arseniuro di gallio. Una sfida fondamentale incontrata sinora in tal ambito, tuttavia, è stata la complessità dell’integrazione e la scalabilità della produzione per soddisfare le richieste commerciali, problematiche che hanno limitato l’applicabilità del grafene in questo particolare settore industriale.

Vantaggi dei fotorivelatori a base di grafene

L’obiettivo del progetto ULTRAPHO, finanziato dall’UE, era quello di superare queste preoccupazioni dimostrando la fattibilità e l’attrattiva della produzione di un tipo di dispositivo a base di grafene chiamato fotorivelatore, ovvero un sensore ad alta velocità presente negli apparecchi elettronici che è in grado di convertire l’energia luminosa dei fotoni in un segnale elettrico. «I fotorivelatori sono utilizzati, ad esempio, nei centri di elaborazione dati», spiega Amaia Zurutuza, coordinatrice del progetto ULTRAPHO e direttrice dell’impresa spagnola Graphenea. Un data center è un grande gruppo di server informatici collegati in rete che vengono in genere usati da organizzazioni e autorità per l’archiviazione, l’elaborazione e la distribuzione a distanza di grandi quantità di dati. «È qui che ha luogo tutta la comunicazione dei dati», aggiunge Zurutuza. «Ogni volta che si invia un’e-mail, si va su Internet o si guarda un film online, si ricorre all’impiego di fotorivelatori.» Un problema di fondamentale importanza in relazione ai data center riguarda il fatto che il numero di calcoli eseguiti genera enormi quantità di calore, per la quale risulta necessaria a sua volta un’enorme quantità di energia ai fini del raffreddamento. Una soluzione a ciò potrebbe essere quella di utilizzare il grafene come materia prima per lo sviluppo dei fotorivelatori. «Il grafene è un materiale dotato di proprietà ottiche ed elettriche superiori potenzialmente impiegabile per realizzare dispositivi ad alta velocità che producono molto meno calore rispetto a quelli esistenti» spiega Zurutuza. «Questo potrebbe essere un elemento in grado di cambiare le carte in tavola in futuro.»

Costruito e testato su scala industriale

Il progetto ULTRAPHO si è posto l’obiettivo di costruire un fotorivelatore a base di grafene allo scopo di dimostrarne la fattibilità su scala industriale. A tal fine, il progetto ha creato un consorzio di PMI, ciascuna attiva in un’area di competenza specifica. «Il primo passo è stato quello di produrre diversi tipi di materiali grafenici», osserva Zurutuza. «Sono stati prodotti su quella che chiamiamo scala di wafer, ovvero quella utilizzata dall’industria dei semiconduttori. Le dimensioni di questi waver si aggirano solitamente tra i 200 e i 300 mm e quelli da noi sviluppati sono wafer di grafene da 200 mm, risultando pertanto idonei alla scala industriale.» Successivamente, il grafene è stato lavorato per poi passare alla progettazione del fotorivelatore. Il prototipo è stato quindi ingegnerizzato e testato al fine di garantirne la compatibilità con altri elementi elettronici critici, come i microchip e le fibre ottiche.

Commercializzare i nuovi fotorivelatori

Il progetto è riuscito a dimostrare la fattibilità della costruzione di fotorivelatori a base di grafene su scala industriale, contribuendo ad avvicinare notevolmente la tecnologia alla fase di commercializzazione. «Abbiamo dimostrato con successo che l’obiettivo è raggiungibile», aggiunge Zurutuza. «La maturazione della tecnologia richiederà ancora diversi anni, ma abbiamo dimostrato che costruirla su scala industriale è possibile, il che costituisce un importante primo passo verso questa direzione.» Un altro risultato positivo di fondamentale importanza è stata l’ottima collaborazione intrattenuta tra i quattro partner del progetto. Diversi partner hanno continuato a lavorare congiuntamente al fine di commercializzare i fotorivelatori a base di grafene. «Siamo riusciti a identificare anche altre potenziali funzioni elettroniche», spiega Zurutuza, che conclude: «Anche i modulatori (dispositivi che controllano l’intensità della luce per codificare i dati) potrebbero essere costruiti con il grafene, il che costituisce un’ulteriore scoperta degna di nota realizzata da ULTRAPHO.»

Parole chiave

ULTRAPHO, grafene, elettronica, fotorivelatori, semiconduttori, computer

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