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I Quindici non aumentano gli aiuti di Stato a favore della R&S

La maggior parte degli Stati membri dell'UE hanno ridotto gli aiuti di Stato alla R&S in rapporto al PIL e, seguendo le raccomandazioni della Commissione, hanno riorientato gli aiuti residui verso obiettivi "orizzontali", che dovrebbero includere ricerca e sviluppo (R&S). Tutt...

La maggior parte degli Stati membri dell'UE hanno ridotto gli aiuti di Stato alla R&S in rapporto al PIL e, seguendo le raccomandazioni della Commissione, hanno riorientato gli aiuti residui verso obiettivi "orizzontali", che dovrebbero includere ricerca e sviluppo (R&S). Tuttavia, secondo un nuovo quadro di valutazione degli aiuti di Stato, pubblicato dalla Commissione europea, le sovvenzioni alla R&S in percentuale sul PIL sono praticamente rimaste immutate tra il 1997 ed il 1999. Secondo la Commissione, l'obiettivo di questa seconda edizione del quadro di valutazione degli aiuti di Stato è di aumentare ulteriormente la trasparenza e di rendere più evidente la necessità di controllare gli aiuti di Stato. Negli anni recenti, la Commissione ha intensificato tali controlli, in modo da garantire che gli aiuti erogati dagli Stati membri servano unicamente a promuovere gli interessi comuni dell'UE. Nel 1999, negli Stati membri sono stati concessi aiuti per 79 miliardi di euro, che, a parere della Commissione, esercitano un considerevole effetto distorsivo sulla concorrenza nel mercato interno. Avvalendosi di cifre che interessano gli anni dal 1997 al 1999, il quadro di valutazione indica che gli aiuti alla R&S, in percentuale sul PIL, hanno registrato il livello più alto in Finlandia, lo 0,14 per cento (nello stesso paese si è osservato, col 2,93 per cento, un alto valore della spesa in R&S in percentuale sul PIL), seguita dalla Danimarca e quindi dall'Austria, mentre la Grecia non ha stanziato aiuti di Stato a favore delle attività di R&S, ed il Regno Unito, il Portogallo e l'Irlanda hanno allocato solo lo 0,01 per cento. Le cifre indicano tuttavia che gli aiuti alla R&S, espressi in percentuale sul PIL, hanno subito pochissime variazioni in tutti i 15 Stati membri tra il 1997 ed il 1999, in quanto il livello degli aiuti è rimasto immutato in 9 Stati membri, è diminuito dello 0,01 - 0,02 per cento in 5 di essi e solo in Lussemburgo è aumentato dello 0,01 per cento. La spesa totale per la R&S, in percentuale sul PIL, è però aumentata dal 1997 al 1999, principalmente a carico delle imprese, che hanno incrementato la propria spesa complessiva in R&S portandola dall'1,19 per cento del PIL nel 1997 all'1,25 per cento nel 1999. Le sovvenzioni statali sono diminuite mediamente dallo 0,28 per cento allo 0,27 per cento e l'apporto degli istituti di istruzione superiore si è mantenuto costante al livello dello 0,39 per cento. Nell'insieme, 11 Stati membri hanno mostrato una tendenza alla diminuzione degli aiuti di Stato in rapporto al PIL tra il 1997 ed il 1999, e tra questi la riduzione più significativa è stata quella del Portogallo, che ha limitato il proprio intervento quasi all'1 per cento. Circa 12 Stati membri hanno riorientato i propri aiuti verso obiettivi orizzontali, che comprendono la tutela dell'ambiente, il risparmio energetico ed il sostegno alle piccole e medie imprese, oltre che alla R&S. Il Lussemburgo e l'Italia hanno agito più compiutamente in tal senso, aumentando di oltre il 20 per cento la quota relativa di aiuti destinata ad obiettivi orizzontali nell'UE, rispetto agli obiettivi regionali o settoriali. Gran parte degli aiuti così riorientati sono stati stanziati a favore dell'occupazione e della formazione, arrecando vantaggi anche alle PMI (piccole e medie imprese). L'impatto preciso degli aiuti a favore della R&S non è ancora chiaro. Nel documento che illustra il quadro di valutazione, la Commissione afferma che l'efficienza produttiva è influenzata dalla R&S, ma che il livello dei nuovi brevetti e l'aumento della produttività variano considerevolmente tra gli Stati membri, e che non esiste una correlazione apparente tra l'uno o l'altro di questi indicatori ed il livello di aiuti alla R&S, cosicché i paesi con un livello relativamente alto di aiuti alla R&S non sempre generano un gran numero di brevetti o mostrano un alto tasso di aumento della produttività. La Commissione aggiunge tuttavia che la creazione di brevetti non costituisce lo scopo primario della R&S e che il numero dei brevetti dipende dal settore nel quale si svolge la ricerca. La Commissione raccomanda che le indagini future comprendano una gamma più ampia di indicatori, in modo da consentire una maggiore comprensione del rapporto tra gli aiuti alla R&S e la performance economica. La Commissione ammette che la R&S è un ambito nel quale gli aiuti di Stato sono necessari in quanto "le sole forze del mercato potrebbero non assicurare il livello socioeconomico ottimale di impegno in ricerca e sviluppo". La Commissione giustifica gli aiuti di Stato alla R&S sostenendo che, se le decisioni di investimento da parte delle imprese sono determinate dai benefici attesi, i vantaggi complessivi arrecati alla società da un programma di R&S possono essere notevolmente maggiori a causa degli effetti di spillover, quali la mobilità dei ricercatori, le pubblicazioni e le conferenze tecniche, la documentazione brevettuale. Inoltre, le attività di ricerca che non conducono direttamente alla creazione di nuovi prodotti non possono essere tutelate da brevetti, quindi non remunerano gli investimenti, e di conseguenza le piccole imprese, in particolare le start-up, hanno difficoltà a finanziare i programmi di ricerca a causa dell'alto livello di rischio ad essi correlato. Tali deterrenti inducono le imprese a svolgere meno R&S di quanto sarebbe auspicabile. Mentre la Commissione è dunque favorevole agli aiuti di Stato per la R&S, questi ultimi non devono causare distorsioni della concorrenza e quindi sono consentiti solo qualora fungano da incentivo, affinché le imprese intraprendano attività di R&S in aggiunta alla propria operatività quotidiana.

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