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Contenuto archiviato il 2023-01-13

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Uno studio sui centri pubblici di ricerca europei evidenzia la portata delle esigenze di razionalizzazione

Dalle conclusioni di uno studio della Commissione europea, relativo a 769 centri pubblici di ricerca in tutta l'Europa, emerge che un processo di razionalizzazione a livello europeo ridurrebbe i fondi necessari allo svolgimento dei servizi di ricerca in determinati ambiti. At...

Dalle conclusioni di uno studio della Commissione europea, relativo a 769 centri pubblici di ricerca in tutta l'Europa, emerge che un processo di razionalizzazione a livello europeo ridurrebbe i fondi necessari allo svolgimento dei servizi di ricerca in determinati ambiti. Attualmente, circa 100.000 ricercatori sono impiegati in questo settore; si stima inoltre che i centri pubblici di ricerca europei abbiano a disposizione un bilancio annuale complessivo di 25 miliardi di euro. Lo studio rivela che "i costi generici di conservazione delle competenze e di mantenimento delle strutture, in ambiti determinati, potrebbero essere sostenuti molto più facilmente da un mercato europeo considerato nella sua globalità". E aggiunge inoltre che la crescente armonizzazione dei servizi pubblici e della legislazione imprime una spinta positiva verso la razionalizzazione. La ricerca, condotta dal dipartimento di ricerche sulle politiche in materia di ingegneria, scienza e tecnologia (PREST) dell'Università di Manchester (Regno Unito), è stata promossa dalla Commissione per rimediare alla carenza di dati sui centri pubblici di ricerca, a fronte degli elementi che sono disponibili, invece, per i centri di ricerca universitari e industriali. Il commissario europeo per la Ricerca Philippe Busquin ha affermato: "I centri pubblici di ricerca sono stati troppo a lungo messi in ombra da altri ambiti scientifici. I risultati dello studio aiuteranno a porre rimedio a questo squilibrio, evidenziando punti di forza e debolezze del settore". Un punto di forza primario messo in luce dallo studio è la volontà e l'abilità di reinventarsi dimostrate dai centri di ricerca che beneficiano dei finanziamenti governativi. Mettendo in discussione la visione per cui la ricerca pubblica sarebbe in declino, l'analisi rivela che il settore è più ampio e più dinamico di quanto molti pensino, e che al suo interno si sono compiuti grossi sforzi per creare legami più saldi con l'industria. Tali legami hanno inoltre portato gli istituti di ricerca pubblici a modificare le proprie priorità. Molti centri che svolgevano attività di ricerca fondamentale sono passati alla ricerca applicata: i dati mostrano che, mentre poco più della metà dei centri oggetto dello studio operano nell'ambito della ricerca pura, circa il 92 per cento si dedica essenzialmente alla ricerca applicata. Lo studio evidenzia gli ambiti in cui le nuove politiche potrebbero incrementare il sostegno fornito alla ricerca pubblica. Tra gli esempi citati figurano le misure volte a migliorare le capacità di innovazione, nonché l'esigenza di basi di ricerca strategica in vista di conservare le risorse intellettuali esistenti e di contrastare le pressioni del mercato per eseguire un numero sempre crescente di attività di consulenza. "È necessario partire da questi dati per essere certi che le nostre politiche consentano ai centri pubblici di ricerca di massimizzare il proprio contributo a realizzare lo Spazio europeo della ricerca (SER) e a consentire che l'UE divenga l'economia basata sulla conoscenza più dinamica al mondo", ha concluso Busquin.

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