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Contenuto archiviato il 2023-01-13

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Uno studio individua i fattori d'espulsione e di attrazione che determinano la fuga di cervelli...

Uno studio pilota sostenuto dalla Commissione europea ha concluso che l'accesso alle attrezzature scientifiche ed alle tecnologie è uno dei principali fattori che influenzano la mobilità dei ricercatori e, di conseguenza, la fuga di cervelli. Lo studio ha raccolto le risposte...

Uno studio pilota sostenuto dalla Commissione europea ha concluso che l'accesso alle attrezzature scientifiche ed alle tecnologie è uno dei principali fattori che influenzano la mobilità dei ricercatori e, di conseguenza, la fuga di cervelli. Lo studio ha raccolto le risposte dei ricercatori con un'esperienza di mobilità in Italia ed in Ungheria, nonché dei membri dell'Associazione americana per l'avanzamento della scienza (AAAS). Le risposte ai diversi questionari sono risultate coerenti, identificando una serie di fattori d'espulsione e d'attrazione che influiscono sulla decisione dei ricercatori di trasferirsi in un paese straniero oppure di rientrare nei rispettivi paesi. Se da un lato si è riscontrato che le attrezzature scientifiche e l'accesso alle tecnologie determinano l'ingresso dei ricercatori stranieri in Italia e dei ricercatori dell'Unione europea negli Stati Uniti, dall'altro si è rilevato che i livelli salariali non sono tenuti in grande considerazione. Il dato sorprendente, secondo Wendy Hansen, una dei coordinatori del progetto, è costituito dalla reale volontà degli europei di recarsi in paesi lontani, nonché dal numero di ricercatori che non intendono rientrare nei propri paesi. La Hansen ha sottolineato altresì l'influenza relativamente modesta che la nascita dei figli esercita sui ricercatori europei all'estero, rispetto ai ricercatori americani nella stessa situazione. Mentre molti americani prenderebbero in considerazione la prospettiva di rientrare nel proprio paese in questo frangente della loro vita, "gli europei sembrano perfettamente a proprio agio in giro per il mondo", ha riferito la Hansen al Notiziario CORDIS. Ella è rimasta altresì "colpita" dalle implicazioni connesse alla conclusione che le donne si trovano ancora a dover scegliere fra la carriera e la famiglia. Lo studio ha rivelato che le donne sono assai meno coinvolte degli uomini nella mobilità internazionale. Le barriere burocratiche o amministrative continuano a rappresentare un problema in termini di mobilità, più in Europa che negli Stati Uniti. Alcuni paesi, tuttavia, hanno iniziato ad introdurre misure per rimuovere tali barriere. Il Regno Unito, ad esempio, ha introdotto un sistema di permessi per gli operatori dei servizi medici e sanitari, l'Irlanda sta adottando procedure rapide per l'inserimento di lavoratori stranieri qualificati in particolari settori, ed il Portogallo sta concedendo borse di studio a sostegno delle ricerche post-dottorato condotte dai ricercatori stranieri all'interno dei suoi confini. Lo studio pilota rivela che la maggior parte dei ricercatori che si trasferiscono all'estero è venuta a conoscenza di questa opportunità tramite il collegamento in rete o attraverso i servizi d'informazione non ufficiali. I ricercatori dell'Europa occidentale possono altresì acquisire informazioni sui posti vacanti tramite Internet, mentre è più probabile che i ricercatori dell'Europa centrale ed orientale individuino le offerte di lavoro sui giornali. Alla domanda se la fuga di cervelli riceva pari attenzione negli Stati Uniti ed in Europa, la Hansen ha dichiarato che la Fondazione nazionale della scienza degli Stati Uniti ha affrontato questo tema ed è fortemente interessata ad incrementare o mantenere il proprio gruppo di ricercatori stranieri. Lo studio, primo nel suo genere, è un indicatore estremamente utile dei fattori che influenzano la fuga di cervelli. Tuttavia, i responsabili della sua attuazione, suggeriscono di effettuare ulteriori ricerche sull'argomento, chiedendo ad esempio ai ricercatori stranieri di compilare un questionario nel momento in cui giungono in Europa per un incarico di ricerca. "Ciò non dovrebbe rappresentare un onere aggiuntivo per il ricercatore, bensì uno strumento tramite il quale la politica può ricevere dati utili. In base alla nostra esperienza sui sondaggi, prevediamo un alto tasso di adesione", recitano le conclusioni dello studio.

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