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La vista interna potrebbe rendere più efficienti le celle solari organiche

Le celle solari organiche hanno il potenziale per diventare una fonte di energia rinnovabile economica e veloce da introdurre ed espandere sul mercato. I fisici dell’Università di Oxford hanno esplorato alcuni dei fondamenti scientifici in base ai quali queste celle si formano e si comportano.

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L’energia solare attualmente rappresenta meno del 2 % dell’elettricità generata in tutto il mondo, ma potrebbe apportare un grande contributo alla sostenibilità. Per raggiungere gli obiettivi di crescita previsti è necessario il dispiegamento su un’ampia superficie. «Abbiamo bisogno di diverse migliaia di chilometri quadrati per ridurre l’approvvigionamento energetico mondiale, quindi la capacità di crescere velocemente e a basso costo è fondamentale», afferma il professor Moritz Riede, ricercatore principale di OSC Go e professore associato di nanomateriali funzionali morbidi a Oxford. «Potremmo essere in grado di rivestire chilometri quadrati con celle solari in modo economico e veloce». La maggior parte dei sistemi solari disponibili in commercio si basa su semiconduttori inorganici in silicio. Il fotovoltaico organico a base di carbonio potrebbe offrire molti vantaggi: leggerezza e flessibilità, possibilità di diversi colori e produzione a basso costo, utilizzando processi a bassa temperatura. Sfortunatamente, al momento è anche molto meno efficiente nel convertire la luce solare in elettricità rispetto ai sistemi convenzionali basati sul silicio. Il team OSC Go ha trascorso gli ultimi quattro anni a esplorare alcuni dei quesiti fondamentali riguardanti le modalità di realizzazione delle celle solari organiche (OSC) al fine di migliorarne le prestazioni. Osservando il processo di deposito I rapporti struttura-proprietà sono stati al centro della ricerca in quanto la disposizione delle molecole all’interno di una cella solare organica può avere un grande impatto sulle sue prestazioni. Per sondare in che modo le molecole si dispongono in film sottili, il team ha ideato diversi modi di utilizzare la luce di varie lunghezze d’onda (dai raggi X al vicino infrarosso). «In generale, questo fenomeno viene approfondito quando la formazione è completa, ossia al termine del processo, ma possiamo osservare le molecole durante il processo di deposito», dichiara il prof. Riede, «così possiamo vedere come le molecole si accumulano e cosa possiamo fare per manipolare la loro disposizione». Usando Fullerene C60, un materiale spesso utilizzato per creare OSC, il team è riuscito a osservare la formazione di difetti su questi film sottili e come questi possano influenzare i risultati. «Abbiamo osservato difetti di sovrapposizione a C in una particolare direzione molecolare, che ci hanno fornito un importante punto di rilevamento sul livello strutturale per interpretare il funzionamento di tali dispositivi», dichiara il prof. Riede. Modelli di riferimento eccezionali In una cella solare organica, la luce del sole viene assorbita negli strati fotoattivi, solitamente costituiti da una miscela di due materiali (donatori di elettroni e molecole accettori), dove viene convertita in elettricità. I ricercatori di OSC Go hanno dedicato del tempo a valutare le prestazioni delle celle solari a eterogiunzione, quelle in cui il contenuto del donatore è pari o inferiore al 5 %. «Abbiamo rilevato che questi dispositivi funzionano sorprendentemente bene», afferma il prof. Riede, «quindi abbiamo cercato in cellule C60 pure per vedere come le molecole si accumulano e come si accumulano e si comportano in presenza di altre molecole. Questi dispositivi sono sistemi modello eccellenti e abbiamo cercato di unire i risultati microstrutturali a quelli foto-fisici». L’effetto dei cambiamenti nella microstruttura sulle prestazioni dei dispositivi rappresenta una terza area di studio. In collaborazione con l’azienda chimica Merck, il team ha studiato ciò che accade quando il film OSC è sottoposto a temperature elevate o esposto alla luce solare per lunghi periodi di tempo, come accade durante la messa in funzione. «Abbiamo misurato i cambiamenti nella microstruttura con i raggi X e altri metodi e siamo stati in grado di mettere in relazione questi cambiamenti con i cambiamenti nelle prestazioni degli OSC: pertanto ciò ci permette di individuare modi per inibire tale fenomeno», afferma il prof. Riede. Il prof. Riede ritiene che una migliore comprensione di ciò che sta accadendo su nanoscala sarà molto utile quando si tratterà di scegliere quali materiali utilizzare per realizzare OSC efficienti. «Esiste una pletora di materiali da poter utilizzare, adattare e migliorare mediante una progettazione chimica intelligente e buone condizioni di produzione», afferma, «ma per essere in grado di fare ciò, è necessario essere in grado di capire i fondamenti».

Parole chiave

OSC Go, celle solari organiche, fotovoltaico organico, energia solare, Fullerene C60, microstruttura

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