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Contenuto archiviato il 2023-03-02

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Nuova ricerca mette in dubbio l'efficacia dei regimi agroambientali comunitari

Una nuova ricerca finanziata dall'Unione europea ha sollevato dubbi riguardo al fatto che gli incentivi finanziari a favore degli agricoltori si rivelino efficaci e inducano questi ultimi a adottare metodi di coltivazione più rispettosi dell'ambiente quali strumenti finalizzat...

Una nuova ricerca finanziata dall'Unione europea ha sollevato dubbi riguardo al fatto che gli incentivi finanziari a favore degli agricoltori si rivelino efficaci e inducano questi ultimi a adottare metodi di coltivazione più rispettosi dell'ambiente quali strumenti finalizzati alla protezione della biodiversità. Nel 2003 l'UE ha destinato un importo pari a 3,7 miliardi di euro ai cosiddetti regimi agroambientali, e nel 2005 circa il 25 per cento dell'area agricola totale dei 15 paesi dell'UE è stato incluso in un regime agroambientale. Tuttavia, a seguito di una ricerca della durata di tre anni che ha interessato Paesi Bassi, Germania, Regno Unito, Svizzera e Spagna, gli scienziati sono pervenuti alla conclusione che tali regimi in Europa "si dimostrano ampiamente inefficaci quali strumenti politici". Secondo una dichiarazione dell'Università di Wageningen, che ha guidato lo studio: "L'indagine condotta in cinque paesi europei ha evidenziato che le specie comuni di uccelli, insetti e piante non beneficiano in modo particolare di questo tipo di gestione della natura e le specie rare ancora meno. Per quanto attiene alle specie minacciate (elencate nei 'libri rossi'), i vantaggi sono virtualmente nulli". Ai fini dello studio in questione, i ricercatori hanno rilevato il numero di esemplari di determinate piante, uccelli, api, cavallette, grilli e ragni presenti in 202 terreni interessati dai regimi agroambientali e l'hanno confrontato con i risultati ottenuti su un numero analogo di aree non contemplate da tali regimi. I ricercatori, pur consapevoli del fatto che le misure agroambientali "hanno un piccolo effetto positivo sul mantenimento della biodiversità e la protezione delle specie minacciate", hanno concluso che l'attuale struttura dello strumento politico adottato non è adeguata per frenare la tendenza verso il basso che si osserva nella biodiversità. L'indagine ha tuttavia rivelato un numero sufficiente di esempi di singoli regimi agroambientali che funzionano, tanto da indurre gli scienziati ad affermare che la politica, sostenuta da una valida base scientifica, nonché dotata di struttura, obiettivi e finanziamenti adeguati, sarebbe in grado di tutelare in modo appropriato la biodiversità. "Al fine di far sì che i regimi agroambientali funzionino o di dimostrare che hanno (o meno) funzionato, occorre definirne gli obiettivi e le finalità con chiarezza", hanno affermato i ricercatori. Anche la formazione specifica formulata sulle esigenze della regione e la consulenza prestata agli agricoltori costituiscono due fattori cruciali per la riuscita di tali regimi, aggiungono. Sono altrettanto fondamentali per strutturare in modo ottimale i regimi agroambientali le valutazioni ecologiche su ampia scala, che devono essere trasparenti, inclusive ed effettuate da ecologisti competenti. Infine, gli scienziati sottolineano che "i regimi agroambientali dovrebbero essere considerati ipotesi funzionanti che richiedono un costante adeguamento". Secondo quanto si legge sul sito Internet della DG Agricoltura della Commissione, i regimi agroambientali sono stati introdotti "verso la fine degli anni Ottanta come strumento per sostenere determinate pratiche agricole finalizzate a contribuire alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del paesaggio". Gli agricoltori che si impegnano, per un periodo minimo di cinque anni, ad adottare tecniche agricole rispettose dell'ambiente, che vadano oltre le consuete buone pratiche agricole, ricevono in cambio aiuti a titolo di compensazione dei costi supplementari e delle perdite di reddito dovute al fatto di aver modificato le pratiche agricole. In occasione della presentazione dei risultati dell'indagine, un portavoce del commissario per l'Agricoltura Mariann Fischer Boel ha dichiarato al Notiziario CORDIS: "I regimi agroambientali sono studiati per affrontare ben più che la sola problematica della biodiversità, ad esempio la protezione del terreno. Non sono elaborati per assolvere il ruolo che spetta alla politica ambientale. Inoltre, in questo caso entra in gioco la questione tempo. Occorre molto tempo prima che i benefici facciano la loro comparsa e non si può pretendere che avvengano miracoli da un giorno all'altro". La Commissione ritiene che i programmi siano utili e abbiano svolto un lavoro positivo, ha concluso il portavoce, ma nel prossimo periodo finanziario (2007-2013) le misure agroambientali dovranno essere oggetto di un approccio più strategico, con obiettivi definiti con maggiore chiarezza. Lo studio è stato finanziato a titolo del Quinto programma quadro (5PQ) ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica "Ecology Letters".

Paesi

Svizzera, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Regno Unito

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