TENDENZE SCIENTIFICHE: Avete già formato la vostra bolla? La scienza allo studio di nuove forme di organizzazione sociale
Mentre in tutta Europa vengono allentate le restrizioni di contenimento, i governi stanno valutando in che modo e in che misura dovrebbero consigliare ai cittadini di socializzare con persone al di fuori del loro ambito domestico. L’idea è che tutti interagiscano nell’ambito di un gruppo ristretto di persone per impedire un’ulteriore diffusione della COVID-19. Ad esempio, dal 10 maggio il governo belga consente ai cittadini di formare delle bolle sociali composte al massimo da quattro persone. Queste persone non sono autorizzate a frequentare nessun altro. Tuttavia, è una linea sottile quella che separa la tutela della salute mentale, dopo varie settimane di restrizioni dovute alla COVID-19, e il mantenimento della velocità di trasmissione al livello più basso possibile.
È un affare di gruppo
Secondo uno studio(si apre in una nuova finestra) condotto dai sociologi dell’Università di Oxford, modificare il modo in cui sono organizzate le nostre relazioni sociali invece di ridurre semplicemente la misura dei nostri contatti sociali, potrebbe contribuire ad appiattire la curva. «Deve esistere una via di mezzo tra stare tutti a casa e avere tutti la possibilità di incontrare chi e come vogliamo», ha dichiarato alla «CNN»(si apre in una nuova finestra) Per Block, primo autore e sociologo presso l’Università di Oxford. «Ora il nostro principale obiettivo è fornire alle persone una guida sul modo in cui poter strutturare il loro ambiente sociale, augurandoci così di superare il problema nell’arco di un anno ed evitare che le persone, a un certo punto, abbandonino del tutto il distanziamento sociale per poi ritrovarci in una seconda ondata entro la fine dell’anno e dover ricominciare tutto da capo con il fatto di stare a casa».
Volete unirvi alla mia bolla?
Chi includere nella bolla può diventare complicato in termini di età. «Nelle famiglie, ad esempio, le fasce d’età sono estremamente varie e cercare di isolare potrebbe causare effetti collaterali, quali danni psicologici e sociali importanti», ha affermato Block a «Euronews»(si apre in una nuova finestra). Potrebbe rivelarsi efficace interagire con altre persone della stessa area o formare nuove reti di relazioni con i vicini. «Se restringiamo geograficamente le nostre interazioni, due isolati dalla nostra casa ad esempio, creiamo ostacoli al contatto a lunga distanza. Se restringiamo così le nostre interazioni a livello strettamente locale, ad esempio, ci vorrebbero da cinque a sette passaggi di trasmissione prima che qualcuno a dieci isolati di distanza venga infettato. Questo rallenta la velocità con cui l’infezione raggiunge qualcun altro». Block afferma che per far funzionare le bolle sociali, tutti devono collaborare pienamente. «Se vogliamo avere una bolla sociale di dieci persone, allora tutte e dieci le persone si devono attenere a questo principio. Abbiamo bisogno di un senso di solidarietà, dobbiamo rimanere uniti, dobbiamo tutti agire in modo unitario». Alcuni esperti nutrono dei dubbi. «Penso che dobbiamo osservare i dati e farci guidare dalla scienza prima di iniziare a stilare raccomandazioni sulla socializzazione», ha dichiarato alla «CNN»(si apre in una nuova finestra) la dott.ssa Krutika Kuppalli, infettivologa e borsista in materia di biosicurezza presso il Johns Hopkins Center for Health Security negli Stati Uniti. «Ritengo che approcci come questo per affinare il distanziamento costituiscono una parte importante del modo in cui lasciarci alle spalle l’impennata iniziale ed entrare nello spazio che va oltre e che definirà il seguito della pandemia», ha affermato William Hanage, professore associato di epidemiologia presso la Harvard School of Public Health. «Inoltre, penso che ci siano molte ragioni per essere cauti, a partire dal fatto ovvio che alcune persone saranno maggiormente a rischio e non dovrebbero partecipare, ad esempio gli anziani, fino all’eventualità concreta che alcune persone sono già maggiormente a rischio di essere loro stesse infettate, ad esempio coloro che lavorano nell’assistenza sanitaria».