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Profarmaci ingegnosi per massimizzare i benefici terapeutici

Grazie ai progressi compiuti dalla chimica farmaceutica è oggi possibile sintetizzare una moltitudine di farmaci ma, ciononostante, la loro biodistribuzione ed efficacia sono ancora tutt’altro che ottimali. Per superare questo problema, i ricercatori europei hanno sviluppato un’innovativa terapia basata sui profarmaci in cui il farmaco attivo viene sintetizzato nel sito d’azione.

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Assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione sono i principali ostacoli all’efficacia di un farmaco. È di fondamentale importanza, ai fini del beneficio terapeutico, ridurre l’esposizione sistemica massimizzando nel contempo la concentrazione localizzata nel sito d’interesse. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno messo a punto varie tecnologie per ottenere la somministrazione o la sintesi localizzata dei farmaci, utilizzando profarmaci biologicamente inerti che vengono attivati in loco, di solito con il supporto degli enzimi. Questo approccio, noto come terapia enzimatica profarmaco (EPT, Enzyme Prodrug Therapy), è potenzialmente applicabile alla terapia antitumorale per la somministrazione di agenti citotossici.

Sintesi localizzata dei farmaci

Traendo ispirazione dalla natura, alcuni scienziati finanziati dal Consiglio europeo della ricerca (CER) dell’UE, hanno proposto l’utilizzo di enzimi nativi per ottenere la sintesi del farmaco nel suo sito d’azione, nel momento giusto e alla concentrazione richiesta. Nel corso del processo, essi hanno compreso l’importanza della natura chimica e della biocompatibilità degli elementi costitutivi o delle molecole precursori corretti, ai fini della bioconversione localizzata da parte degli enzimi. Gli scienziati hanno poi investito il loro tempo nello sviluppo di profarmaci innovativi anziché utilizzare quelli disponibili in commercio. Per quanto riguarda la terapia antitumorale, gli sforzi del progetto si sono incentrati sulla bioconversione dei profarmaci nel microambiente tumorale, come misura sicura ed efficace per inibire la crescita delle cellule tumorali. I profarmaci sono stati ingegnerizzati per localizzarsi nel tumore e per sfruttare l’impronta enzimatica univoca del tumore, al fine di essere bioconvertiti in un farmaco antitumorale estremamente potente. Oltre che ai farmaci antitumorali, il team del progetto BTVI ha lavorato alle terapie antibatteriche per evitare la colonizzazione batterica degli impianti. I ricercatori hanno sviluppato materiali fibrosi contenenti enzimi e rivestimenti superficiali con attività catalitica che possono essere utilizzati sulla superficie degli impianti metallici già di uso medico. A questo scopo, essi hanno progettato profarmaci innovativi che raggiungono la superficie dell’impianto e vengono convertiti in farmaci antibatterici. Inoltre, il team ha scoperto che le nanoparticelle inorganiche, imitando le glicosidasi umane, mostrano attività catalitica e sono utilizzabili per la conversione dei profarmaci. Gli scienziati, dopo aver decifrato il meccanismo della catalisi, hanno sviluppato nanoenzimi con varie applicazioni in biotecnologia.

Vantaggi della terapia EPT

«La sintesi localizzata dei farmaci rappresenta un’incredibile opportunità e può fare affidamento sugli enzimi impiantati, sulla proprietà catalitica intrinseca dell’impianto o sul repertorio enzimatico della malattia», spiega Alexander Zelikin, beneficiario del CER. In effetti, i profarmaci forniscono uno strumento straordinario per la chimica farmaceutica in quanto mascherano intrinsecamente la tossicità delle terapie, anche di quelle più potenti. La capacità degli enzimi naturali di convertire una vasta gamma di substrati può essere sfruttata per sintetizzare molteplici farmaci, mediando la terapia di combinazione. Le terapie somministrate non devono essere necessariamente dei farmaci ma possono essere anche molecole di breve durata, come l’ossido nitrico, con un ampio spettro di attività fisiologiche. L’ossido nitrico è stato caratterizzato come guardiano degli innesti cardiovascolari per le sue proprietà di vasodilatazione e per la sua capacità di contrastare l’aggregazione piastrinica. Pertanto, l’adozione della terapia EPT negli impianti vascolari è decisamente auspicabile per ottenere la produzione localizzata di ossido nitrico. «Grazie al grande impegno del nostro team interdisciplinare abbiamo superato sfide scientifiche e compiuto progressi significativi in materia di chimica farmaceutica», sottolinea Zelikin. Attraverso i biomateriali impiantabili o sfruttando il tessuto malato stesso, il progetto BTVI è riuscito a fornire una nuova metodologia per la sintesi localizzata dei farmaci che si prevede venga accolta con favore dalla più ampia comunità biomedica.

Parole chiave

BTVI, profarmaco, enzima, impianto, sintesi dei farmaci, ossido nitrico, tumore, cancro, terapia enzimatica profarmaco

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