La ricerca offre nuove intuizioni sui meccanismi di tolleranza alla salinità delle piante
La salinizzazione del suolo è un processo che si verifica quando si accumulano sali in eccesso nella zona delle radici. Il fenomeno, che riduce la produttività del suolo, rendendolo in ultimo incoltivabile, è un problema crescente per l’agricoltura mondiale, soprattutto nelle regioni aride e semi-aride irrigate. «Sappiamo che il percorso SOS(si apre in una nuova finestra) (Salt Overly Sensitive, troppo sensibile alla salinità) è uno dei principali sistemi di regolazione responsabili della estrusione di sodio(si apre in una nuova finestra) nelle piante: un processo di difesa attivato dallo stress salino», afferma Paula Ragel de la Torre, ricercatrice del Centro per gli studi sull’organismo(si apre in una nuova finestra) presso l’Università di Heidelberg(si apre in una nuova finestra). «Quello di cui non sappiamo molto riguarda le prime fasi nel rilevamento e nella regolazione della risposta allo stress salino». Il progetto sigNal, finanziato dall’UE, mira a colmare questa lacuna di conoscenze. Guidato da Ragel de la Torre, il progetto si proponeva di comprendere meglio i meccanismi di tolleranza alla salinità delle piante. «Il mio obiettivo era dimostrare come il rilevamento dello stress da salinità sia distinto rispetto ad altri stress biotici(si apre in una nuova finestra) e abiotici(si apre in una nuova finestra) che portano anche a picchi di calcio», spiega Ragel de la Torre, che ha ricevuto supporto dalle azioni Marie Skłodowska-Curie(si apre in una nuova finestra).
Diverse conclusioni importanti raggiunte
Nonostante alcuni ritardi provocati dalla pandemia di Covid-19, il progetto è riuscito a giungere a diverse conclusioni importanti. Innanzitutto, i ricercatori hanno dimostrato che lo stress salino promuove un aumento del pH(si apre in una nuova finestra) citosolico(si apre in una nuova finestra) nell’apice radicale. «Questo aumento è stato superiore a quello osservato con lo stesso stress osmotico(si apre in una nuova finestra) e abbastanza alto da essere considerato come causa di diverse conseguenze cellulari», osserva Ragel de la Torre. La ricerca suggerisce anche che l’apice radicale funziona come una nicchia di rilevamento dello stress, in cui una combinazione di cambiamenti stress-specifici nel pH e nei livelli di calcio attivano risposte stress-specifiche. «Sono orgogliosa di aver dimostrato l’esistenza di cambiamenti nel pH come risposta a stress abiotici», aggiunge. «Sono anche orgogliosa di aver pianificato, applicato, gestito e condotto con successo il progetto, il tutto imparando e implementando metodi all’avanguardia, nonché incrementando la mia rete di collaborazione». Un problema che il progetto non è stato in grado di confermare era se fossero necessari cambiamenti nel pH per attivare il percorso SOS o se il presunto ponte salino in SOS3(si apre in una nuova finestra), una famiglia di sensori del calcio, funzionasse come modulo di rilevamento del pH. «Alcuni risultati rientrano nella nostra ipotesi, mentre altri si sono rivelati più difficili da spiegare», afferma Ragel de la Torre. «Come per tutta la ricerca scientifica, c’è ancora molto lavoro da fare».
Aprire la porta a ulteriori ricerche
Il progetto sigNal ha notevolmente migliorato la comprensione dei ricercatori dei meccanismi mediante i quali le radici delle piante traducono i cambiamenti nel suolo in risposte specifiche. Ancora più importante, ha rivelato nuove intuizioni sulla segnalazione dello stress salino collegando gli stress salini e osmotici ai cambiamenti di pH in una nicchia specifica della radice. «I risultati del progetto sigNal hanno aperto la porta a ulteriori ricerche sui percorsi di segnalazione delle piante», conclude. «Gettando nuova luce sui meccanismi di tolleranza alla salinità delle piante, i nostri risultati aiuteranno i ricercatori a sviluppare varietà di colture adattate a condizioni ambientali non ottimali».
 
           
         
             
        
                     
         
         
        