Svelare le complessità insite nel carcinoma della vescica
Il carcinoma della vescica è la nona forma di tumore più diffusa al mondo e registra i tassi di mortalità più elevati in alcuni paesi europei. «In parte, ciò può essere spiegato dalla sua prognosi sfavorevole, che consente alla malattia di progredire verso una fase avanzata in cui è in grado di metastatizzare e invadere i tessuti vicini», afferma Prasanna Vasudevan Iyengar, beneficiario di una borsa di studio individuale del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie. «In effetti, i pazienti affetti da carcinoma della vescica tendono a soffrire di più a causa delle metastasi sviluppate dal cancro che del tumore di partenza stesso». Attraverso lo svolgimento del progetto EMBRACE, finanziato dall’UE, Iyengar ha lavorato per raggiungere una migliore comprensione delle complessità legate al carcinoma della vescica. In particolare, la sua ricerca ha concentrato l’attenzione sul rilevamento precoce della malattia e sull’impiego di specifici inibitori chimici per interromperne la progressione.
Nuove scoperte
La ricerca di Iyengar, che è stata effettuata presso il Centro medico universitario di Leiden, ha previsto la realizzazione di tecniche di screening ad alta produttività mediante l’utilizzo di inibitori chimici che avevano come bersaglio la transizione epitelio-mesenchimale (TEM). Questo processo svolge un ruolo attivo nelle fasi avanzate del cancro ed è caratterizzato dall’acquisizione di motilità da parte delle cellule, che mostrano un comportamento aggressivo. Ciò, a sua volta, consente alle cellule cancerogene di metastatizzare verso organi distanti, diffondendo così la malattia. «I nostri risultati hanno rivelato il coinvolgimento di due percorsi di segnalazione intracellulare chiamati TGF-β e MAPK, che sviluppano la TEM e favoriscono la progressione della malattia», spiega Iyengar. «Ho inoltre individuato con successo le proteine SMURF1/2 e TRAF4, due bersagli molecolari dotati del potenziale di fungere da biomarcatori per il rilevamento precoce della progressione del carcinoma della vescica». Secondo Iyengar, TRAF4 è particolarmente interessante in quanto è stata dimostrata una sua sovraespozione in molti tipi di tumore. Nel corso della progressione del carcinoma della vescica, tuttavia, questa proteina sembra svolgere un ruolo più protettivo. «Questo progetto ci ha consentito di scoprire il motivo per cui questa molecola si caratterizza in modo diverso nel carcinoma della vescica e il modo attraverso il quale questo risvolto potrebbe influenzare la diagnosi e il trattamento», afferma Iyengar.
Sfide e potenzialità
Iyengar sottolinea che la sfida più impegnativa ha riguardato la spiegazione dei meccanismi molecolari alla base del funzionamento della sua strategia di trattamento. «Nonostante le mie competenze per quanto concerne lo studio delle molecole nel sistema ubiquitina-proteasoma, il centro di riciclaggio delle cellule, sono stato in grado di adottare un approccio solamente unidirezionale al problema», aggiunge. «Collaborando con medici ed esperti nei campi della bioinformatica e della biologia strutturale, tuttavia, sono riuscito ad adottare un approccio alla questione maggiormente multidisciplinare». L’approccio ha funzionato. Non solo Iyengar è stato in grado di scoprire con successo i meccanismi molecolari responsabili della progressione del carcinoma della vescica, ma ha anche contribuito a definire una strategia di trattamento combinatoria per bloccare la progressione avanzata di questo tipo di tumore. Il ricercatore fa subito notare che il suo successo è stato possibile esclusivamente grazie all’aiuto di altri professionisti. «Ho avuto il privilegio di collaborare con alcuni degli scienziati di spicco in questo campo, tra cui quelli del Centro medico universitario di Leiden, per rispondere alle domande fondamentali poste nell’ambito del progetto», osserva. Iyengar ha in programma di continuare il proprio lavoro in veste di ricercatore senior presso l’Istituto sui tumori dei Paesi Bassi, una delle migliori istituzioni di ricerca sul cancro in Europa. «Sono fermamente convinto del fatto che l’individuazione di molecole disregolate nel sistema ubiquitina-proteasoma e la progettazione di strumenti all’avanguardia per la sua manipolazione siano attività con un grande potenziale nei prossimi anni», conclude.
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