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Comprehensive Mechanisms of Bacterial Antibiotic Tolerance in Mycobacterium Tuberculosis

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La persistenza: un altro colpo per gli antibiotici?

La persistenza agli antibiotici è un meccanismo batterico di difesa che rappresenta una minaccia per gli antibiotici. Il progetto COMBATTB, finanziato dall’UE, ha sviluppato un nuovo strumento per studiare la persistenza batterica nella tubercolosi.

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In diverse condizioni di sollecitazione, come ad esempio l’esposizione agli antibiotici, una sottopopolazione di batteri manifesta la capacità di sopportare lo stress e di ripristinare il proprio stato originario una volta che le condizioni tornano alla normalità. Questo fenomeno è noto come persistenza agli antibiotici e non dovrebbe essere confuso con la resistenza agli antibiotici, in cui le cellule trasmettono alla propria progenie la capacità di crescere in presenza di un antibiotico. La persistenza mette in evidenza l’eterogeneità fenotipica in una coltura batterica soggetta ad antibiotici ed è responsabile della recidiva dell’infezione.

Nuovi metodi per studiare i batteri persistenti

La persistenza agli antibiotici comporta gravi conseguenze cliniche, tra cui l’allungamento dei tempi necessari al trattamento della tubercolosi, la ricaduta della malattia e la comparsa della resistenza. Ciononostante, si sa poco sui meccanismi alla base del fenomeno della persistenza. L’obiettivo del progetto COMBATTB era caratterizzare a livello funzionale i meccanismi molecolari impiegati dai batteri persistenti per sopravvivere all’esposizione di concentrazioni letali di antibiotici. La ricerca è stata condotta con il supporto del programma di azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA) e ha agevolato lo sviluppo di metodi per l’individuazione e l’isolamento dei batteri persistenti. «Una problematica chiave insita nell’individuazione dei batteri persistenti riguarda il fatto che i test clinici convenzionali per misurare la suscettibilità agli antibiotici non valutano la persistenza a questi ultimi», spiega la borsista MSCA Helene Botella. I batteri persistenti sono inoltre difficili da studiare poiché anche le procedure sperimentali disponibili vengono insediate da cellule resistenti che crescono in presenza di antibiotici, diventando rapidamente più numerose rispetto a qualsiasi cellula sopravvissuta che abbia smesso di crescere. Il team scientifico ha sviluppato il metodo ReMIND (recombination-mediated isolation of non-dividers, letteralmente isolamento mediato da ricombinazione dei non divisori), che consente una separazione efficiente dei batteri persistenti da quelli resistenti. Questa tecnica si basa sulla capacità della prima di queste popolazioni di mantenere determinati tratti fenotipici, a differenza della seconda, quando esposta a un antibiotico.

L’implementazione di ReMIND per la tubercolosi

Botella ha convalidato il metodo ReMIND nel Mycobacterium tuberculosis, l’agente eziologico della tubercolosi, un potente strumento volto a informare sui meccanismi molecolari attraverso cui i batteri persistenti si formano durante l’infezione. «Lo sviluppo di questo metodo per l’isolamento specifico delle cellule persistenti del Mycobacterium tuberculosis in vitro e in un contesto biologico fisiologico rappresenta un risultato notevole», illustra Botella. L’interruzione dei percorsi che promuovono la formazione di cellule persistenti ha le potenzialità di ridurre i tempi di trattamento, un fattore particolarmente importante per quanto riguarda la tubercolosi. Solitamente il trattamento prevede un complesso mix di farmaci e richiede almeno sei mesi di somministrazione, e le ricadute non sono rare. La borsista rivela che il piano è quello di estendere l’utilizzo di ReMIND allo scopo di chiarire inoltre i percorsi dell’ospite coinvolti nel fenomeno della persistenza agli antibiotici. In particolare, Botella è interessata a comprendere come l’immunità dell’ospite, tra cui i macrofagi, ovvero la nicchia preferita del Mycobacterium tuberculosis, contribuisce alla persistenza agli antibiotici di questo bacillo. Secondo Botella: «La resistenza agli antimicrobici non solo ostacola il trattamento della tubercolosi, ma anche quello di altre infezioni, il che la configura come una minaccia per la salute umana, con ovvie implicazioni di tipo socio-economico.» Secondo prove recenti, la resistenza agli antimicrobici ha provocato quasi 1,3 milioni di vittime nel 2019. Non vi sono attualmente evidenze che spieghino come la persistenza agli antibiotici contribuisca ulteriormente a tale bilancio. I risultati di COMBATTB offrono conoscenze fondamentali sulla comparsa della persistenza nel Mycobacterium tuberculosis e possono spianare la strada all’individuazione di farmaci in grado di uccidere i batteri persistenti. Inoltre, ReMIND può agevolare lo sviluppo di strumenti diagnostici volti a prevenire la comparsa della resistenza genetica nella tubercolosi, offrendo così una migliore gestione degli attuali regimi di trattamento.

Parole chiave

COMBATTB, tubercolosi, batteri persistenti, persistenza agli antibiotici, Mycobacterium tuberculosis, ReMIND, macrofagi

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