Riattivare le tracce mnemoniche nel cervello addormentato
Non c’è nulla di meglio di un buon sonno notturno. Sapevate tuttavia che il sonno non ci aiuta solamente a «ricaricare le batterie», ma svolge inoltre un ruolo attivo nel consolidamento della nostra memoria? «È risaputo che il sonno gioca un ruolo essenziale nel processo di consolidamento della memoria, compresa quella motoria», afferma Genevieve Albouy, ricercatrice presso la KU Leuven (Università cattolica di Lovanio). Sfortunatamente, questo processo non funziona in modo ottimale negli anziani. «La ricerca ha ripetutamente dimostrato che gli anziani incontrano difficoltà nel consolidare movimenti recentemente appresi al fine di renderli memorie motorie ben stabilite. Si tratta di un problema che si ripercuote direttamente sull’invecchiamento sano», osserva Judith Nicolas, ricercatrice presso la KU Leuven. Dato che questi deficit di tipo motorio sono, almeno parzialmente, una conseguenza del degrado associato all’età delle caratteristiche del sonno, Albouy e Nicolas si sono prefisse di verificare l’ipotesi secondo cui sarebbe possibile ottimizzare il consolidamento della memoria motoria in relazione al sonno. Avvalendosi del sostegno del progetto CLASSy Aging, finanziato dall’UE, le ricercatrici hanno deciso di sciogliere il dilemma. «L’obiettivo di questo progetto era quello di migliorare il consolidamento della memoria nel corso del sonno in individui sani giovani e anziani per mezzo di interventi sperimentali concepiti al fine di riattivare le tracce mnemoniche nel cervello addormentato», spiega Nicolas, beneficiaria della borsa di studio individuale Marie Skłodowska-Curie che sostiene CLASSy Aging.
Un progetto impegnativo in termini metodologici
Per svelare i processi neurali alla base della riattivazione della memoria, il progetto si è avvalso di un nuovo approccio sofisticato che ha previsto una combinazione di stimolazione sensoriale durante il sonno con diverse tecniche di neuroimaging. «In primo luogo i soggetti coinvolti nello studio hanno preso parte a una sessione di apprendimento di attività, nel corso della quale ci siamo avvalsi della risonanza magnetica per immagini (RMI) per analizzare i processi di neuroplasticità potenziati dalla stimolazione», riferisce Nicolas. «Successivamente, dopo aver lasciato ai partecipanti l’opportunità di dormire una volta terminata la sessione di apprendimento, abbiamo impiegato l’elettroencefalografia (EEG) per comprendere in modo migliore le correlazioni neurali del processo di riattivazione della memoria.» Se si pensa che questo processo sia complicato, non ci si sbaglia di molto. In effetti, per impostare questo progetto impegnativo in termini metodologici, i ricercatori hanno innanzitutto dovuto condurre esperimenti che non ricorrevano ad alcuna registrazione di RMI. «Questi esperimenti aggiuntivi hanno portato a una pubblicazione ad alto impatto, che ha colmato diverse importanti lacune nel campo del consolidamento mnemonico», afferma Albouy.
Risultati rivoluzionari, ma ancora molto lavoro da fare
Il progetto CLASSy Aging non ha solamente replicato importanti risultati ottenuti in questo settore, ma ha anche raggiunto vari esiti con un impatto rivoluzionario. «Abbiamo comprovato che le tracce mnemoniche riattivate durante il sonno successivo all’apprendimento vengono riprese in modo migliore nel corso di un nuovo test svolto in seguito a tale sonno rispetto alle tracce non riattivate nei giovani», spiega Albouy. «È importante evidenziare che, a seconda del loro preciso coordinamento temporale in seguito al sonno successivo all’apprendimento, specifiche oscillazioni del sonno svolgono un ruolo di cruciale importanza nella riattivazione della memoria o nella protezione dalle informazioni irrilevanti, ovvero due processi che contribuiscono al consolidamento della memoria motoria», continua Nicolas. Gli esperimenti che hanno coinvolto i soggetti anziani non hanno messo in mostra alcun miglioramento apportato dall’attuale protocollo per la riattivazione della memoria sulle prestazioni motorie. Ciononostante, la riattivazione mnemonica effettuata nel corso del sonno ha indotto la modulazione dell’attività cerebrale impiegata al fine di proteggere dall’interferenza. «I nostri risultati indicano che sono necessarie ulteriori ricerche per testare interventi alternativi potenzialmente in grado di innescare la riattivazione della memoria negli anziani e, alla fine, mitigare i deficit associati all’età che condizionano il consolidamento della memoria motoria», aggiunge Nicolas. Sebbene il progetto CLASSy Aging sia ora concluso, le due ricercatrici hanno in programma di dare seguito al proprio lavoro; tra le attività pianificate, intendono verificare l’efficacia di interventi su misura per soggetti anziani. «Vogliamo rivolgere la nostra attenzione alle potenzialità di cui è dotata la riattivazione della memoria durante il sonno in qualità di strumento per migliorare il consolidamento in individui interessati da disturbi dell’apprendimento a causa del processo di invecchiamento o di patologie mediche, come ad esempio i pazienti affetti da morbo di Parkinson o in recupero post-ictus», conclude Albouy.
Parole chiave
CLASSy Aging, sonno, memoria, memorie, consolidamento della memoria motoria, invecchiamento sano, processi neurali, riattivazione mnemonica, neuroimaging, RMI, EEG