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Photo-irradiation and Adsorption based Novel Innovations for Water-treatment

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Una soluzione per riutilizzare le acque reflue contaminate ai fini dell’irrigazione

Cofinanziato dall’UE e dal Dipartimento indiano per la Scienza e la Tecnologia, il progetto PANI WATER ha sviluppato e implementato nuove tecnologie in grado di rendere sicure le acque reflue per l’utilizzo agricolo.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

Nei paesi colpiti da carenza idrica, i responsabili decisionali stanno studiando modi per riciclare e riutilizzare le acque reflue. Nei contesti urbani dell’India, in particolare, è sempre più diffusa la pratica di trattare le acque di rifiuto municipali e riutilizzarle per irrigare le colture alimentari. «Il problema sta nel fatto che questa pratica è in gran parte non soggetta ad alcuna regolamentazione», afferma Kevin McGuigan, docente di fisica medica presso il Royal College of Surgeons in Ireland e coordinatore dei partner europei membri del progetto PANI WATER. «La presenza di alcuni contaminanti emergenti nelle acque reflue trattate, tra cui batteri e geni resistenti agli antibiotici, comporta un rischio non necessario di bioaccumulo nelle colture alimentari, determinando il pericolo che vengano infine ingeriti dagli esseri umani.» Con il sostegno di PANI WATER, McGuigan e la dott.ssa Rita Dhodapkar stanno guidando un’iniziativa di stampo internazionale per sviluppare e implementare nuove tecnologie in grado di consentire la produzione di acqua sicura per l’irrigazione a partire da fonti contaminate. Dhodapkar, ricercatrice senior presso l’istituto CSIR-NEERI (Council of Scientific & Industrial Research-National Environmental Engineering Research Institute), ha svolto il ruolo di coordinatrice del progetto per i partner con sede in India.

Nuove tecnologie di trattamento delle acque reflue

I ricercatori hanno dato l’avvio ai propri lavori esaminando le attuali condizioni del trattamento delle acque reflue in India. A tal fine hanno creato un database sulle sostanze chimiche, come i farmaci e gli interferenti ormonali, di cui è stata registrata la presenza nelle acque reflue municipali trattate nell’ambito del progetto. «Il nostro obiettivo era quello di identificare le lacune esistenti nelle tecnologie attualmente a disposizione per il trattamento di queste sostanze contaminanti emergenti nelle acque reflue», spiega Dhodapkar. Una volta raccolto il database, il progetto ha quindi sviluppato tre tecnologie volte a colmare le lacune individuate nel trattamento delle acque di rifiuto, tra le quali figura un reattore multifunzionale su scala pilota con una capacità pari a 50 000 litri al giorno. I ricercatori hanno inoltre sviluppato un dispositivo a energia solare su scala di laboratorio allo scopo di rimuovere la materia organica, i microrganismi e i contaminanti che destano nuove preoccupazioni, come i batteri resistenti agli antibiotici, dalle acque reflue nella fase in cui entrano nella rete fognaria principale. Il prototipo realizzato è in grado di trattare fino a 100 litri al giorno. Ultimo ma non meno importante, il progetto ha concepito anche un processo di trattamento a ossidazione avanzata basato su raggi ultravioletti C (UVC). L’impianto su scala pilota ricorre all’impiego di perossidanti per trattare una significativa quantità di acque reflue, fino ai 10 000 litri al giorno. Pur concentrandosi sul trattamento delle acque reflue, il progetto ha sviluppato e implementato nuove tecnologie destinate anche a quello dell’acqua potabile, tra cui la filtrazione combinata a carboni attivi e soluzioni LED-UVB per la bonifica microbica, oltre a tecniche di elettrocoagulazione per la rimozione di arsenico, fluoruro, ferro e batteri fecali.

Il funzionamento della tecnologia messo a dimostrazione

Lavorando fianco a fianco, i ricercatori dell’UE e i loro partner indiani hanno convalidato con successo queste tecnologie di trattamento delle acque reflue nel corso dello svolgimento di una serie di prove pilota implementate in varie zone dell’India con le quali si erano prefissi di dimostrare come potessero essere utilizzate per rimuovere i contaminanti che destano nuove preoccupazioni, compresi i batteri resistenti agli antibiotici, insieme ad altre sostanze chimiche, tossine e inquinanti. Sia Dhodapkar che McGuigan concordano sul fatto che queste prove pilota rappresentino un importante passo in avanti verso il raggiungimento dell’obiettivo di rendere le acque di rifiuto sicure ai fini dell’uso agricolo. «Questo è stato il primo studio sul campo di questa portata a essersi proposto di garantire un riutilizzo sicuro delle acque reflue per l’agricoltura, un risultato giunto in modo diretto dalla dedizione della nostra rete internazionale composta da ricercatori interdisciplinari», concludono. Con questi risultati in mano, i partner dell’UE e quelli indiani del progetto stanno ora lavorando a un documento programmatico sul riutilizzo delle acque reflue trattate a fini irrigui.

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