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Molecularly Imprinted Photocatalytic light-driven micro/nanomotors for selective degradation and detection of pollutants in water and food

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Microrobot per rimuovere i contaminanti nanoplastici

Un’innovazione microrobotica potrebbe aiutare a identificare e rimuovere i contaminanti costituiti da micro e nanoplastiche presenti nell’acqua.

L’imprinting molecolare, una tecnica all’avanguardia che dispone di grandi potenzialità per applicazioni legate alla sicurezza alimentare e idrica, prevede l’impiego di sensori altamente selettivi per rilevare la presenza di contaminanti a concentrazioni molto basse. Uno dei principali svantaggi di tale metodo risiede tuttavia nella sua sola applicabilità all’identificazione di contaminanti organici, quali pesticidi, farmaci e coloranti: le impurità solide, come le micro e le nanoplastiche, non sono attualmente idonee all’imprinting molecolare.

Combattere l’inquinamento da micro e nanoplastiche

Il progetto MIPhmotors, sostenuto dal programma di azioni Marie Skłodowska-Curie, ha cercato di individuare nuove strategie potenzialmente in grado di superare le attuali limitazioni di rilevamento, in particolare per quanto riguarda l’inquinamento da micro e nanoplastiche. Il progetto è stato coordinato dal Politecnico di Brno, in Repubblica Ceca. «L’aumento della produzione e dell’utilizzo della plastica ha portato all’accumulo di rifiuti di questo materiale negli oceani, nei mari, nei laghi e nei fiumi», osserva Mario Urso, coordinatore del progetto MIPhmotors e ricercatore presso l’Università di Catania. «In questi ambienti la plastica si frammenta lentamente in pezzi più piccoli, noti come microplastiche e nanoplastiche, che possono diventare più pericolosi assorbendo altri contaminanti tossici presenti nell’acqua.» Queste micro e nanoplastiche possono essere ingerite dai pesci e contaminare in modo diretto i sistemi di acqua potabile. A causa delle loro minuscole dimensioni e del peso ridotto, le nanoplastiche possono essere particolarmente nocive in quanto sono in grado di diffondersi rapidamente e penetrare facilmente all’interno dei tessuti.

Microrobot semoventi alimentati dalla luce

Per affrontare questa sfida, Urso ha sviluppato dei microrobot capaci di intrappolare le microplastiche nell’acqua. Questi microrobot semoventi, alimentati dalla luce, sono costituiti da strati di un nuovo tipo di materiale bidimensionale simile al grafene, noto come MXene. Le nanoplastiche vengono catturate e trattenute tra questi strati, in modo analogo a quanto accade nei libri conservati nelle biblioteche. Utilizzando dei prototipi, Urso è riuscito a dimostrare che questi microrobot multidirezionali possono raccogliere in modo efficiente e rapido nanosfere di polistirene all’interno di campioni d’acqua. Dopo aver intrappolato le nanoplastiche i microrobot vengono trasferiti magneticamente su alcuni elettrodi, dove si procede alla stima della quantità di plastica catturata. «Questo progetto ha dimostrato il potenziale di cui dispongono questi microrobot nel rimuovere le nanoplastiche dall’acqua contaminata, permettendo di affrontare un crescente problema di inquinamento ambientale», afferma Urso. «Mi auguro che questo lavoro funga da fonte di ispirazione per l’ulteriore sviluppo di soluzioni basate su microrobot destinate al trattamento e al monitoraggio di acqua e alimenti.»

Sensori per microrobot in scenari reali

Per Urso, i prossimi passi da compiere comprendono la realizzazione di sensori per microrobot commercialmente validi che siano in grado di operare in scenari reali. Centrale in questo sforzo sarà l’individuazione di un modo per ridurre i costi di produzione di tali microrobot. «I materiali utilizzati, chiamati MXeni, sono relativamente costosi», osserva il ricercatore, che prosegue: «Dobbiamo pertanto sviluppare un nuovo approccio a basso costo che consenta di preparare i microrobot stratificati. Fin dall’inizio ho voluto dare vita a un sistema che evitasse l’utilizzo di apparecchiature costose o il ricorso a personale specializzato.» I microrobot devono inoltre essere testati in diversi tipi di acqua; un’elevata concentrazione di sale, ad esempio, può infatti ostacolarne le prestazioni. Urso è anche interessato ad applicare le tecniche di imprinting molecolare a questi microrobot prototipo, che potrebbero incrementarne ulteriormente l’efficacia. «Questo compito potrebbe tuttavia risultare molto impegnativo», osserva. «Il rischio riguarda la possibilità che aggiungendo questa funzione supplementare si introduca un nuovo materiale in grado di riempire lo spazio tra gli strati di MXene in cui vengono intrappolate le nanoplastiche, riducendo le prestazioni.» Ciononostante, Urso ritiene che il successo di questo progetto dimostri il fatto che gli scienziati devono essere versatili. «Ho iniziato pensato all’imprinting molecolare per poi giungere a quello che ritengo essere un approccio più innovativo e maggiormente efficiente», conclude.

Parole chiave

MIPhmotors, nanoplastica, contaminanti, microrobot, inquinamento, sensori

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