Buon 20° anniversario, YouTube!
Il 23 aprile 2005, su una piattaforma inizialmente concepita come servizio di incontri online, venne caricato un granuloso video(si apre in una nuova finestra) della durata di 19 secondi in cui il co-fondatore di YouTube, Jawed Karim, parla alla mostra degli elefanti dello zoo di San Diego. L’imprenditore allora non sapeva che questa nuova piattaforma avrebbe rivoluzionato il modo in cui consumiamo e condividiamo i contenuti online nei due decenni successivi.
Uno spazio per ogni voce, una visualizzazione alla volta
«Non possiamo assolutamente sottovalutare l’enorme impatto creato da YouTube quando è nato», ha dichiarato in un’intervista al «Los Angeles Times»(si apre in una nuova finestra) Robert Thompson, direttore del Bleier Center for Television and Popular Culture della Syracuse University. «Quando è stato lanciato 20 anni fa, ha impresso un segno di importanti cambiamenti non solo nel modo in cui guardiamo la TV, ma persino in ciò che riteniamo essere la TV.» E ha poi aggiunto: «YouTube era il luogo dove si andava a cercare una nuova ed entusiasmante forma d’arte. L’idea del video generato dagli utenti, che si trattasse di una registrazione da parte di una persona o di un clip trovato nella rete e postato, rappresentava una novità: non era uno dei tanti reality show o serie TV in circolazione.» Da allora, in una forma o nell’altra, la comunità scientifica utilizza YouTube come fonte di informazioni per svolgere le proprie ricerche; un articolo(si apre in una nuova finestra) di rivista uscito nel 2022 ha presentato 15 anni di ricerca scientifica pubblicata su questa piattaforma. Arrivando velocemente ai nostri giorni, le cifre sono sconcertanti. Secondo YouTube(si apre in una nuova finestra), ogni giorno vengono caricati oltre 20 milioni di video. Nel 2024, gli utenti hanno scritto in media su base giornaliera oltre 100 milioni di commenti ai video, che hanno ricevuto più di 3,5 miliardi di like al giorno.
Il modo in cui guardiamo le cose
Due docenti della Annenberg School for Communication dell’Università della Pennsylvania analizzano l’effetto di YouTube sulle connessioni interculturali, nonché l’esplosione degli influencer sui social media. «Certo, l’immensa popolarità e portata di YouTube significa anche che la piattaforma è parte integrante di un ecosistema digitale in cui aziende e governi tracciano, raccolgono e monetizzano incessantemente i dati degli utenti-cittadini senza alcuna regolamentazione e supervisione», ha commentato Aswin Punathambekar in un articolo(si apre in una nuova finestra) pubblicato sul sito web dell’università. «YouTube occupa inoltre un posto di rilievo nelle reti di influencer e propaganda di destra in diversi paesi del mondo. È anche un mondo straordinariamente creativo e socievole, in cui le reti di attivisti (come quelle che si sono formate intorno alla “primavera araba” dal 2008 in poi, o al movimento #BlackLivesMatter a partire dal 2012-2013) emergono e prosperano per periodi di tempo determinanti. Il 20° anniversario di YouTube ci ricorda il lavoro che dobbiamo compiere per rendere il nostro mondo digitale più aperto, ospitale, gioioso e giusto.» Jessa Lingel ha spiegato le modalità di base con cui la piattaforma ha documentato le principali tendenze della cultura digitale. «Una è la mercificazione e la professionalizzazione dei creatori di contenuti: mentre all’inizio si trattava di video spesso imprevedibili e poco curati, ora gli spettatori si aspettano contenuti raffinati e ben prodotti. YouTube è stato anche un innovatore nello stabilire un modello volto a coltivare attivamente i partenariati con i creatori di contenuti, seguito successivamente da altre piattaforme.» La docente ha proseguito, concludendo: «Un altro aspetto messo in evidenza dalla traiettoria di YouTube è l’estrema difficoltà nelle operazioni di moderazione dei contenuti, della disinformazione e della parzialità degli algoritmi. Sono sorte molte controversie intorno a questa piattaforma; tuttavia, la sua longevità indica che sono state applicate diverse ondate di approcci a questi problemi, dall’etichettatura al cambiamento delle politiche, fino alla modifica degli algoritmi.»