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Contenuto archiviato il 2024-04-17

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Buzek accoglie con favore la proposta sull'IET

Jerzy Buzek, eurodeputato polacco e relatore sul Settimo programma quadro (7PQ), ha sostenuto con fermezza la proposta della Commissione relativa alla creazione di un Istituto europeo di tecnologia (IET). La proposta, che è stata presentata il 18 ottobre dal Presidente della...

Jerzy Buzek, eurodeputato polacco e relatore sul Settimo programma quadro (7PQ), ha sostenuto con fermezza la proposta della Commissione relativa alla creazione di un Istituto europeo di tecnologia (IET). La proposta, che è stata presentata il 18 ottobre dal Presidente della Commissione José Manuel Barroso, prevede una struttura a due livelli, costituita da un Istituto europeo di tecnologia, con un organico inferiore alle 100 unità, e da una rete di comunità della conoscenza e dell'innovazione, che riceverà finanziamenti da fonti sia pubbliche sia private. Buzek ritiene che la proposta rispecchi ampiamente le previsioni contenute nel suo secondo progetto di relazione sul 7PQ. In particolare, l'eurodeputato sostiene l'approccio di rete della Commissione all'IET e il tentativo di ridurre il più possibile la burocrazia. Buzek si è anche battuto affinché l'IET fosse incentrato sull'innovazione, ed è lieto che anche la proposta adotti tale approccio. «La questione dei finanziamenti è sempre stata critica», ha dichiarato Jerzy Buzek in un'intervista rilasciata al Notiziario CORDIS. Oltre ai circa 300 Mio EUR che verranno stanziati dal bilancio comunitario per creare l'Istituto, non verranno impiegati fondi di altri programmi comunitari. Questo è un aspetto molto importante per il parlamentare europeo. «A mio avviso è positivo attendersi che le risorse finanziarie per questa iniziativa provengano da diverse fonti, quali il capitale privato, le autorità regionali e statali e le università. In realtà si tratta di una sorta di partenariato pubblico-privato e anche noi [in seno al Parlamento europeo] sosteniamo i partenariati pubblico-privato nell'ambito di tali iniziative», ha dichiarato Buzek. Quanto ai titoli accademici, ha affermato che «nel campo dell'istruzione le comunità della conoscenza e dell'innovazione sono eccellenti e quindi non devono competere con i nostri atenei. In realtà non dovrebbero competere nemmeno in materia di ricerca, perché i risultati delle istituzioni scientifiche europee sono ottimi». L'eurodeputato è invece favorevole a un logo IET sui diplomi universitari conferiti dall'Istituto europeo di tecnologia e su ogni ricerca congiunta condotta attraverso l'IET stesso. «Dobbiamo ricordare che l'Istituto europeo di tecnologia deve puntare all'innovazione, ad avvicinare maggiormente la ricerca all'innovazione», ha dichiarato. L'unico settore a destare la preoccupazione dell'eurodeputato è quello delle piccole e medie imprese (PMI). «Probabilmente le PMI avrebbero difficoltà a far fronte a organismi della portata delle comunità della conoscenza e dell'innovazione», afferma Buzek. Nella sua relazione originale il parlamentare polacco aveva sostenuto che, a suo avviso, l'IET avrebbe potuto rivelarsi utile per le piccole imprese, proposta che però non è stata accolta dalla Commissione. Jerzy Buzek non ritiene che il mondo accademico o l'industria reputino necessario creare un Istituto europeo di tecnologia, mentre il Presidente Barroso è convinto che molte grandi imprese europee siano favorevoli all'idea. Buzek ritiene tuttavia che questa opinione sia destinata a cambiare: «Non dobbiamo dimenticare che, quando alcuni anni fa la Commissione europea e alcuni deputati al Parlamento europeo iniziarono a parlare di ricerca fondamentale e ricerca di base, nonché dell'ipotesi di istituire un Consiglio europeo della ricerca [CER], quasi tutti erano contrari.» Ora, ovviamente, la comunità della ricerca sostiene apertamente il CER e si augura che possa diventare operativo al più presto. «Probabilmente nel giro di due o tre anni ci renderemo conto dell'importanza dell'IET. Per me è importante già oggi», afferma Buzek. Buzek paragona l'IET alle piattaforme tecnologiche, che sono molto diffuse. Riuniscono l'industria e il mondo accademico al fine di formulare una strategia comune in materia di ricerca e coinvolgono nel loro sviluppo le parti interessate. «Se le comunità della conoscenza e dell'innovazione saranno organizzate dagli operatori del settore e questi ultimi vorranno prendervi parte, si potrebbero ottenere ottimi risultati», dichiara l'eurodeputato. È anche probabile che sia necessario svolgere un'opera di convincimento sui parlamentari europei prima di indurli ad approvare l'IET. Secondo Buzek, tuttavia, il processo dovrebbe essere agevolato da due fattori: l'IET non riceverà fondi a titolo di altri programmi comunitari e inoltre si concentrerà sull'innovazione anziché sull'istruzione o la ricerca. Sarà possibile conquistare ulteriormente la fiducia degli eurodeputati se nella proposta si prenderanno in considerazione le PMI e si ridurranno al minimo i costi amministrativi, aggiunge il parlamentare. Anche la sede dell'Istituto potrebbe causare problemi. Benché Buzek ritenga che la questione vada affrontata in un secondo tempo, a suo avviso l'IET dovrebbe avere sede in uno dei nuovi Stati membri dell'Unione europea. «Se parliamo di integrazione, di vera integrazione, non di allargamento ma di integrazione vera, dobbiamo spostare una o due istituzioni importanti negli Stati membri. Integrazione e allargamento sono due concetti ben diversi», afferma. L'eurodeputato non giudica imprecisa la proposta della Commissione. È anzi lieto che questo documento offra alle parti interessate l'opportunità di partecipare alle discussioni e di contribuire a definire l'IET. «È possibile che ogni comunità della conoscenza e dell'innovazione venga costruita in modo diverso e che i confronti vengano effettuati in un secondo tempo, il che è preferibile», ha dichiarato Buzek al Notiziario CORDIS. «Questo aspetto non è stato ancora definito, ma non costituisce un punto debole della proposta», ha aggiunto. L'europarlamentare è convinto che l'IET sia indubbiamente una delle risposte alla debolezza dell'Europa in materia di innovazione. «È impossibile finanziare l'innovazione direttamente dal 7PQ. D'altro canto, nell'ambito del programma per la competitività e l'innovazione, si finanzia solo l'innovazione e non la ricerca, mentre noi, a titolo di questo stesso programma, finanziamo le PMI. Tra i due settori, tuttavia, resta ancora una lacuna. A mio avviso l'Istituto dovrebbe adoperarsi proprio per colmarla. Se le comunità della conoscenza e dell'innovazione riuscissero a sviluppare una strategia e strumenti atti a colmare tale lacuna, si tratterebbe di un grande successo».

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