Alla ricerca di indizi per la prosperità di pesci e ippopotami
Gli sforzi per aiutare pesci e animali come gli ippopotami a sopravvivere e prosperare sono stati incentivati grazie alle intuizioni del progetto AQUAHYDRO, finanziato dall’UE. Con il supporto del programma Marie Curie, l’ecologista spagnolo dott. David Soto della KU Leuven, in Belgio, ha utilizzato un metodo all’avanguardia per studiare due delle reti alimentari meno studiate al mondo. Il finanziamento lo ha portato sulle rive del lago Eduardo, che si estende tra l’Uganda e la Repubblica Democratica del Congo (RDC), per un lavoro sul campo con ricercatori belgi e pescatori locali. Lo studioso ha applicato il suo nuovo metodo anche su campioni di pesci e piante precedentemente raccolti nel fiume Congo nella RDC. «La scoperta più sorprendente è stata l’elevata dipendenza del pesce del fiume Congo, che alimenta i villaggi della regione, dalle piante e dall’intero ecosistema terrestre», ha affermato il dott. Soto, borsista di ricerca post-dottorato, sotto la supervisione del prof. Steven Bouillon. «Questa connettività sottolinea l’importanza di proteggere sia l’ambiente terrestre che il fiume, e della gestione su una scala più ampia». Dipanare la rete Il nuovo approccio del dott. Soto consisteva nell’analizzare le reti alimentari del lago e del fiume, utilizzando misurazioni di isotopi stabili dell’idrogeno su campioni di pesci, piccoli invertebrati e piante. Il dott. Soto e altri ecologisti utilizzano sempre più «l’analisi isotopica stabile» del tessuto animale per determinare il cibo che un animale ha assunto nel corso degli ultimi mesi, piuttosto che esaminare il solo contenuto dello stomaco che tende a mostrare ciò che questo ha mangiato nelle ultime ore. Attraverso il progetto AQUAHYDRO è andato oltre, utilizzando l’analisi degli isotopi dell’idrogeno, oltre a misurare gli isotopi di carbonio e azoto. La misurazione degli isotopi di idrogeno si è dimostrata fino ad oggi difficile, in quanto l’idrogeno contenuto nei materiali organici come piante e animali si scambia con l’umidità ambientale. La composizione isotopica di questa umidità varia in base a fattori quali la posizione geografica e il periodo dell’anno. Il team AQUAHYDRO ha sviluppato tecniche per superare tali impedimenti per i campioni raccolti. L’approccio aiuta a distinguere il contributo del cibo proveniente dalla terra da quello prodotto integralmente nel fiume o nel lago, creando una comprensione sofisticata di come gli organismi si nutrono o si appoggiano l’uno all’altro nella rete alimentare. «Se gli animali acquatici per crescere dipendono da materiale vegetale quale le foglie provenienti dalla terra nei pressi del fiume o del lago, interventi umani quali la costruzione di dighe o la deforestazione possono avere un impatto negativo su quelle comunità», ha affermato il dott. Soto. I risultati potrebbero rivelarsi inestimabili per contribuire ad arrestare il calo delle rese di pesca nel lago Eduardo. Il gruppo di ricerca sta indagando sull’eventuale esistenza di un legame tra queste comunità di pesci e le riduzioni del numero di ippopotami. In uno dei villaggi sul lago, Ishango, vivevano abitualmente 10 000 ippopotami mentre ne erano rimasti appena 14 l’anno scorso, secondo l’Istituto congolese per la conservazione della natura (ICNN), citato nel Global Press Journal. «Lo sterco di ippopotamo può fertilizzare il lago, per cui ogni eventuale cambiamento su questi input terrestri nel tempo potrebbero aver influito sull’intera rete alimentare», afferma il dott. Soto. I ricercatori stanno ora cercando di utilizzare il metodo per comprendere meglio altri ecosistemi, quali quello delle mangrovie in Kenya e, più vicino a casa, quello del fiume Schelda in Belgio.