Il vagabondaggio mentale: il potere della stimolazione cerebrale
Il fenomeno del vagabondaggio mentale(si apre in una nuova finestra) consiste nell’allontanamento dei pensieri e dell’attenzione da un’attività da svolgere nell’immediato. Tale distrazione può essere intenzionale, ovvero quando si permette volontariamente alla mente di errare durante un’attività quotidiana, oppure non intenzionale. In questo caso si tratta di un’esperienza comune durante la quale i pensieri si distaccano dall’ambiente circostante per intraprendere processi di pensiero interni, quali la rievocazione di ricordi o il sognare a occhi aperti. Alcune ricerche indicano che il vagabondaggio mentale non intenzionale spesso coincide con caratteristiche cognitive disadattive e psicopatologie, tra cui depressione e disforia. Di contro, il vagabondaggio mentale intenzionale è correlato a elementi cognitivi positivi, come la creatività. Questa forma di vagabondaggio mentale è inoltre associata a un maggiore spessore corticale prefronatale, una caratteristica che favorisce capacità cognitive umane avanzate.
Marcatori per il vagabondaggio intenzionale e non intenzionale
Il progetto CLONESA, sostenuto dal programma di azioni Marie Skłodowska-Curie(si apre in una nuova finestra) (MSCA), intendeva svelare gli aspetti intricati del vagabondaggio mentale, puntando a distinguere la sua forma intenzionale da quella non intenzionale. «Nel corso del progetto CLONESA abbiamo prestato attenzione alla scoperta di marcatori elettro-fisiologici specifici del vagabondaggio intenzionale e non intenzionale, per giungere a implicazioni promettenti per le capacità cognitive e la salute mentale», sottolinea Adriel Martel, borsista di ricerca MSCA, che da tempo nutre interesse nella ricerca in questo ambito. Sotto la guida del ricercatore principale Antoni Valero-Cabré, il gruppo è riuscito a individuare marcatori neurocognitivi univoci, ovvero impronte caratteristiche dell’attività elettrica del cervello. Questi marcatori sono in grado di distinguere tra stati di attenzione concentrata e il vagabondaggio mentale intenzionale o non intenzionale. Essi hanno fornito informazioni inedite sulle dinamiche dell’attenzione in particolare nelle bande di frequenza theta e alfa(si apre in una nuova finestra). Questa scoperta arricchisce la comprensione dei meccanismi neurali di fondo del vagabondaggio mentale, contribuendo al settore delle neuroscienze cognitive.
La stimolazione cerebrale non invasiva può regolare il vagabondaggio mentale?
Il gruppo ha inoltre esaminato alcune tecniche di stimolazione cerebrale che potrebbero modulare i processi neurocognitivi alla base del vagabondaggio mentale. Tali tecniche, che influenzano i meccanismi neurocognitivi fondamentali legati al controllo esecutivo, dispongono del potenziale di porre rimedio a modelli di attività disfunzionali, migliorando l’attenzione in persone sane e in quelle affette da condizioni neuropsichiatriche. Il gruppo ha avviato uno studio su larga scala per investigare gli effetti della stimolazione cerebrale non invasiva sui marcatori neurocognitivi del controllo esecutivo e dell’attenzione prolungata. I riscercatori si sono avvalsi della stimolazione magnetica transcranica(si apre in una nuova finestra) e della stimolazione transcranica a corrente alternata(si apre in una nuova finestra), affiancate da una tecnica di apprendimento automatico confermatasi efficace in passato nel classificare i livelli di coscienza. Ciò ha permesso l’individuazione precisa dei marcatori neurali correlati a stati diversi del vagabondaggio mentale. «La nostra ricerca rivoluzionaria indaga se è possibile modulare gli schemi delle onde cerebrali per condizionare tipi distinti di vagabondaggio mentale», dichiara Valero-Cabré. Una serie di risultati preliminari promettenti rafforza l’ipotesi originale, mettendo in luce il potenziale delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva per regolare il vagabondaggio mentale. Con il progredire di CLONESA, il gruppo è pronto a concludere lo studio e a sviluppare ulteriormente interventi basati sulla stimolazione cerebrale non invasiva per disciplinare l’attenzione e il vagabondaggio mentale. «La ricerca continua sul potenziale delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva per controllare tipi diversi di vagabondaggio mentale si dimostra promettente per la creazione di approcci terapeutici innovativi, il miglioramento delle prestazioni cognitive e l’intervento sui disturbi legati all’attenzione», conclude Valero-Cabré.