Molecole ed empatia
L'empatia favorisce la condivisione di bisogni ed esperienze tra individui. La capacità di simpatizzare è contrastata da disturbi come la sindrome di Asperger, l'ansia e l'autismo. Poiché tale meccanismo di facilitazione sociale può essere frenato da prodotti farmaceutici come l'ecstasy, è probabile che l'empatia abbia una base neurochimica. Recenti studi hanno dimostrato che l'empatia è collegata con l'attività in varie regioni della corteccia cerebrale, ma si comprendono ancora poco le molecole e i percorsi di trasduzione del segnale implicati. Il progetto (MOLEMPATHY) ("Molecular mechanism of empathy") ha studiato i percorsi di trasduzione del segnale in un modello murino, per evitare le difficoltà intrinseche nell'impiego di esseri umani. I ricercatori di MOLEMPATHY hanno dimostrato che anche un'unica dose bassa di N-metil-3,4-metilenediossiamfetamina (MDMA), o ecstasy, induce due tipi di comportamento nei roditori. I topi hanno dimostrato una maggiore socievolezza senza una maggiore attività oppure hanno corso intorno di più senza mostrarsi più socievoli. Utilizzando tag isobarici per la tecnologia di quantificazione relativa e assoluta allo scopo di identificare le proteine implicate, gli scienziati hanno trovato 21 proteine correlate alla socievolezza. Inoltre, hanno potuto distinguere tra effetti locomotori ed entactogenici (empatici) del MDMA a livello proteomico. I percorsi di cui è stato accertato il coinvolgimento sono il metabolismo degli zuccheri e la trasduzione del segnale dopaminergico, la quale svolge un ruolo in molti processi neurologici, tra cui la motivazione, la cognizione e la motricità fine. È particolarmente importante che svolge un ruolo anche un altro percorso, ovvero la trasduzione del segnale dell'acido gamma-amminobutirrico, importante nella socievolezza. Altri comprendono il turnover proteico e la trasduzione del segnale di recettori accoppiati alle proteine G, importanti nei percorsi di trasduzione del segnale. Le proteine espresse in modo differenziale da tre aree del cervello (corteccia cerebrale, ippocampo e amigdala) indicano la presenza di vari meccanismi neuronali specifici delle regioni in relazione al comportamento prosociale. I ricercatori hanno identificato la rete di associazione funzionale relativa a tali proteine. I dati, tradotti in terapie farmacologiche e genetiche nuove per i pazienti afflitti da paura sociale e bassa socievolezza, potrebbero essere particolarmente rilevanti per trattamenti a lungo termine. Una terapia più mirata potrebbe significare la fine di effetti collaterali indesiderati dovuti ai farmaci utilizzati attualmente.