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Contenuto archiviato il 2024-06-18

High performance oil spill recovery system suitable to effectively operate in rough sea waters based on improved oleophilic/hydrophobic materials

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Un modo nuovo e più veloce per ripulire le fuoriuscite di petrolio

La ricerca di petrolio ha portato al suo sfruttamento in ambienti estremi come le regioni polari e sub-polari, dove sono presenti temperature basse e condizioni del mare difficili. Per questo un’iniziativa finanziata dall’UE ha sviluppato una tecnologia in grado di rimuovere le fuoriuscite di petrolio dall’ambiente marino in condizioni di freddo e di mare agitato.

Questi fenomeni causano danni ingenti all’ambiente marino determinando un avvelenamento e un vero e proprio soffocamento della vita negli oceani. Sebbene oggigiorno esistano numerosi metodi per la rimozione degli sversamenti di petrolio in acqua, nessuno di essi è in grado di garantire un recupero efficace di questa sostanza dai mari freddi e agitati. Ad esempio, la bruciatura in loco del petrolio sversato e l’utilizzo di disperdenti rappresentano due tecniche poco efficaci che richiedono un’attuazione entro 72 ore dall’incidente. Tali metodi non consentono però di rimuovere completamente il petrolio, nemmeno in condizioni ideali. Il contenimento e la raccolta dell’oro nero rappresentano due soluzioni comuni che si rivelano, tuttavia, pienamente efficaci solo in presenza di acque calme. La sfida è stata raccolta dal progetto the FORCE7 (High performance oil spill recovery system suitable to effectively operate in rough sea waters based on improved oleophilic/hydrophobic materials). I membri del consorzio hanno sviluppato e testato un sistema di raccolta del petrolio molto efficace in grado di funzionare in condizioni difficili che comprende spazzoloni interconnessi. Questi sono stati poi montati dietro un rimorchiatore e trascinati su uno sversamento di petrolio. Questi strumenti erano costituiti da combinazioni innovative di fibre naturali e artificiali che assorbivano ingenti quantità di petrolio, ma non di acqua. Una volta completamente inzuppati, gli spazzoloni vengono condotti a bordo e sottoposti a un processo di strizzatura tramite appositi rulli per la rimozione del petrolio, che viene quindi raccolto. A questo punto, gli spazzoloni possono essere utilizzati nuovamente per un altro ciclo di pulizia. I partecipanti al progetto hanno sviluppato e testato alcune fibre allo scopo di studiarne la capacità di adsorbimento del petrolio e il livello di impermeabilità all’acqua in diverse condizioni. I dati ottenuti sono stati utilizzati per la scelta delle qualità di filati sintetici e naturali più idonee al processo. Attualmente, il polipropilene rappresenta il materiale assorbente maggiormente impiegato per la pulizia delle fuoriuscite di petrolio, sebbene fibre naturali quali cotone, lana o lino, ricavate da fonti rinnovabili, presentino caratteristiche di gran lunga superiori. I ricercatori hanno inoltre tentato di mettere in pratica trattamenti ottimali di modifica delle superfici finalizzati al miglioramento delle proprietà delle fibre mediante lo sviluppo di strutture tessili a elevate prestazioni. I materiali sono stati quindi testati su piccola scala in condizioni di lavoro simulate che hanno consentito di studiare il comportamento degli spazzoloni, mostrando un eccezionale recupero del petrolio (rapporto petrolio/acqua fino al 95 %). Il principale vantaggio di FORCE7 è che si può manovrare a 5 nodi, una velocità 5 volte maggiore rispetto alle tradizionali barriere. Viaggiando più velocemente sulla fuoriuscita di petrolio, è possibile massimizzare la quantità di petrolio incontrata in un dato intervallo di tempo. Si stima che una nave che lavora 18 ore al giorno, ogni giorno per un anno, potrebbe raccogliere 65 milioni di litri di petrolio (oltre 410 mila barili).

Parole chiave

Fuoriuscite di petrolio, ambiente marino, FORCE7, oleofilo, idrofobico, spazzoloni, rulli, modifica della superficie, assorbimento

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