Alla ricerca di una cura per la malattia di Alzheimer
Come è ormai noto, la sua insorgenza è associata all’accumulo di placche di beta-amiloidi nel cervello. I peptidi di beta-amiloidi interferiscono con il funzionamento corretto delle cellule cerebrali, specificamente con quello dei mitocondri, le “batterie” delle cellule. Il progetto MITOABETA (Investigation of beta-amyloid peptide effects on mitochondria protein homeostasis: From pathogenesis to therapy of Alzheimer Disease), finanziato dall’UE, ha cercato di chiarire il modo in cui i peptidi di beta-amiloidi interagiscono con i componenti cellulari, influenzandone la funzione, con l’obiettivo di sviluppare un trattamento basato sui risultati ottenuti. I ricercatori hanno scoperto che benché non vengano assorbiti dai mitocondri, i peptidi di beta-amiloidi riescono a inibire completamente l’assorbimento delle proteine precursore necessarie per il funzionamento dei mitocondri stessi. All’opposto, la proteina precursore dell’amiloide (APP) non ha mostrato lo stesso effetto inibitore. Questi risultati indicano un nuovo meccanismo che porta all’accumulo di difetti mitocondriali nella malattia di Alzheimer. Gli scienziati hanno studiato il modo in cui altri componenti cellulari influiscono sull’interazione mitocondriale con peptidi di beta-amiloidi e APP, scoprendo che questi componenti influiscono sugli effetti negativi dei peptidi di beta-amiloidi. Questa ricerca ha rivelato importanti aspetti della biochimica di questi peptidi. Riuscire a comprendere il loro effetto sul cervello è un passo importante verso lo studio di un trattamento efficace per la malattia di Alzheimer.