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Utilizzare modelli di previsione per gestire l’epidemia del coronavirus

Un’iniziativa finanziata dall’UE ha gettato le basi per alcuni lavori scientifici che stanno attualmente affrontando la crisi sanitaria da COVID-19.

La pandemia di COVID-19 rappresenta una sfida senza precedenti per i responsabili delle politiche in tutta Europa, a causa del ritmo di propagazione dei suoi effetti. L’attuale diffusione del coronavirus segna il ritorno di un vecchio e noto nemico. Niente ha ucciso più esseri umani di virus, batteri e parassiti che causano malattie, come la morte nera, il vaiolo, l’influenza spagnola e la malaria. In realtà, le malattie infettive rappresentano ancora una delle principali cause di morte in tutto il mondo. L’aumento degli sforzi per combattere la COVID-19 e altre recenti epidemie, come quella dell’ebola e della sindrome respiratoria acuta grave, hanno evidenziato la necessità di prevedere l’evoluzione epidemica. Il progetto EPIFOR (Complexity and predictability of epidemics: toward a computational infrastructure for epidemic forecasts), finanziato dall’UE, si trova in prima linea negli sforzi per migliorare la previsione e il controllo della diffusione delle epidemie. L’epidemiologia computazionale, che coniuga varie discipline come matematica, statistica, scienze computazionali ed epidemiologia, aiuta gli scienziati a raccogliere e integrare ampi set di dati relativi a epidemie storiche, con i quali sviluppare dei modelli computazionali. Questi possono essere impiegati per fornire previsioni dettagliate e accurate della diffusione di epidemie future. Una ricercatrice coinvolta in EPIFOR spiega come il progetto abbia aiutato gli scienziati a sviluppare tali modelli, in un articolo(si apre in una nuova finestra) apparso sul sito web del Consiglio europeo della ricerca (CER). Vittoria Colizza, dall’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica francese (Inserm) afferma: «Come parte del progetto EPIFOR, finanziato dal CER e attivo dal 2008 al 2013, io e il mio team abbiamo sviluppato una serie di strumenti di calcolo che potrebbero fornire previsioni accurate di future epidemie virali, permettendo una risposta efficiente e puntuale. L’obiettivo era quello di rafforzare la nostra capacità di controllare la trasmissione di una malattia, di indirizzare meglio gli interventi e di approfondire le conoscenze sui suoi effetti su ampie popolazioni».

Una corsa contro il tempo

Colizza fa riferimento alla pandemia di H1N1 (influenza suina) del 2009 e all’epidemia di MERS-CoV, le quali hanno coinciso con gli anni di attività del progetto EPIFOR. Entrambe hanno dato ai ricercatori l’opportunità di mettere alla prova i loro approcci in situazioni reali. «Questi esperimenti hanno confermato le rilevanti capacità dei modelli computazionali sviluppati, e hanno fornito utili modelli della potenziale futura diffusione di malattie infettive». La ricercatrice aggiunge che all’Inserim gli esperti «stanno lavorando senza sosta, come parte di un team multidisciplinare, per aiutare a gestire la crisi sanitaria provocata dalla COVID-19. Le nostre attività sono sostenute da diversi altri progetti Orizzonte 2020. Tuttavia, i modelli computazionali e gli altri strumenti sviluppati durante il progetto EPIFOR hanno gettato le basi per questo lavoro e stanno dimostrando di essere determinanti». Gli scienziati coinvolti in questi sforzi hanno inoltre redatto numerosi articoli «impiegando modelli computazionali per prevedere la diffusione della malattia e l’impatto atteso delle misure di mitigazione attualmente introdotte in tutta Europa», afferma Colizza. Ne è un esempio una relazione(si apre in una nuova finestra) pubblicata sul sito web di EPIcx lab di Inserim. La relazione valuta l’impatto della chiusura delle scuole e del telelavoro e si concentra su tre regioni francesi (Île-de-France, Hauts-de-France e Grand Est). «I risultati numerici mostrano che la chiusura delle scuole da sola apporterebbe benefici limitati alla riduzione dell’incidenza durante il picco (una riduzione inferiore al 10 % con una chiusura delle scuole per 8 settimane per le regioni che si trovano nella fase iniziale dell’epidemia). Se associata al telelavoro del 25 % degli adulti, la chiusura delle scuole per 8 settimane sarebbe sufficiente a ritardare il picco di quasi 2 mesi, con una riduzione di circa il 40 % dell’incidenza dei casi durante il picco». Per maggiori informazioni, consultare: progetto EPIFOR

Parole chiave

coronavirus

Paesi

Italia

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