Disuguaglianza di genere ed economia nell’Africa sub-sahariana
I tassi di violenza domestica o il rischio relativo di morte prematura per le donne nell’Africa subsahariana sono più alti che in qualsiasi altra regione; ciononostante, le forze economiche potenzialmente in grado di promuovere la discriminazione in quest’area non sono ben comprese. «Il punto di partenza del progetto AfricanWomen era quello di cercare di comprendere meglio la posizione delle donne nelle famiglie e nella società dell’Africa subsahariana non solo nel presente, ma anche dal punto di vista storico», spiega Catherine Guirkinger(si apre in una nuova finestra), coordinatrice del progetto e docente presso l’Università di Namur(si apre in una nuova finestra), in Belgio. «Le analisi quantitative sull’impatto delle politiche coloniali, ad esempio sul benessere relativo delle donne, sono state sinora limitate.»
Livello di istruzione, fertilità e controversie nel diritto di famiglia
Il progetto, che è stato sostenuto dal Consiglio europeo della ricerca(si apre in una nuova finestra), si è concentrato su due filoni principali: in primo luogo, Guirkinger e il suo team hanno analizzato l’evoluzione del benessere delle donne nella Repubblica democratica del Congo durante l’epoca coloniale e nel periodo successivo, costruendo database originali a partire da un’ampia serie di archivi. Guirkinger ha esaminato questioni come il livello d’istruzione e la fertilità, nonché gli esiti delle controversie relative al diritto di famiglia, con l’obiettivo di comprendere in maniera migliore le principali tendenze che hanno influenzato il benessere delle donne. «Il nostro lavoro suggerisce che specifiche politiche coloniali passate in certa misura inosservate, come quelle a favore della nascita, avrebbero esercitato profonde conseguenze sulla vita delle donne», spiega la professoressa. «Senza dubbio, questo risultato porterà allo svolgimento futuro di ulteriori ricerche.»
Comprendere le modalità con cui vengono prese le decisioni nelle famiglie
Guirkinger ha inoltre studiato l’allocazione delle risorse all’interno delle famiglie e il modo in cui nuove opportunità economiche o politiche possono modificarla. Ad esempio, in collaborazione con l’Agenzia belga per lo sviluppo(si apre in una nuova finestra), la docente ha analizzato l’impatto esercitato da un intervento volto a facilitare l’accesso delle donne alle opportunità economiche. «Da questo lavoro sono emersi risultati affascinanti, soprattutto per quanto riguarda i costi invisibili sostenuti dalle donne e il modo in cui gli interventi devono essere mirati al fine di prendere in considerazione la poligamia», aggiunge Guirkinger. Guirkinger osserva che la letteratura in materia descrive solitamente le famiglie poligame come inefficienti, in quanto le mogli sono in competizione; la ricerca di Guirkinger, tuttavia, presenta un quadro alquanto più sfumato. La professoressa, infatti, ha scoperto che le inefficienze nelle famiglie poligame non derivano primariamente dalla concorrenza, quanto piuttosto dalla mancanza di operato da parte delle donne. «La cooperazione rappresenta il metodo economicamente più efficiente da mettere in atto», osserva. «Ciononostante, se si ha poca influenza e nessuna voce in capitolo in una famiglia, non esiste alcun incentivo a collaborare in modo significativo.»
Interventi contro la povertà e ulteriori ricerche
Guirkinger ritiene che questo lavoro possa esercitare implicazioni a livello politico. Gli interventi contro la povertà si rivolgono in genere a una sola donna all’interno di un nucleo familiare, il che significa prendere di mira una sola moglie nel caso della poligamia (frequente in Africa occidentale). «La nostra ricerca suggerisce che gli interventi avrebbero più successo se si rivolgessero direttamente a entrambe le mogli», afferma la docente. «Questo implica una modifica lieve, ma d’impatto nella progettazione delle politiche.» Il progetto ha inoltre verificato la possibilità di includere i mariti negli interventi pensati per le donne sposate. «I risultati non sono netti, ma suggeriscono che la partecipazione precoce degli uomini potrebbe evitare alcuni contraccolpi», aggiunge Guirkinger. Prosegue anche la ricerca sul Congo; Guirkinger ha recentemente collaborato con alcuni esperti in demografia per recuperare i dati dell’unico censimento del paese, condotto negli anni Ottanta. «Una nuova linea di ricerca, ispirata dal lavoro svolto nel Benin, riguarda il ruolo rivestito dalle chiese evangeliche in certe parti dell’Africa, che attraggono soprattutto le donne», osserva la docente, che conclude: «Secondo quanto suggerito dai nostri dati, è possibile che le donne si convertano per favorire la propria emancipazione economica, in modo da sfuggire all’ordine sociale tradizionale.»