Un esame minuzioso del processo dell'infezione HIV
Dai primi casi segnalati di infezione da HIV risalenti agli anni Ottanta, una valanga di dati di ricerca ha generato preziose informazioni sulla biologia e sull'infezione del virus. Rispetto ad altri virus a RNA (retrovirus), l'HIV presenta l'esclusiva peculiarità di poter restare dormiente per anni senza causare la malattia; inoltre contiene proteine accessorie in più che sembrano favorire la virulenza. Tra tali proteine virali, la Nef interagisce con le proteine di trasduzione del segnale della cellula ospite garantendo la sopravvivenza di linfociti T infetti. Anche se inizialmente nominata quale fattore negativo, dalle prove sembra emergere che la Nef aumenti la virulenza intrinseca dell'HIV cooperando con la GTPasi dinamina 2 cellulare. Per chiarire meglio il ruolo della Nef nel processo di infezione dell'HIV, il progetto NEF-Pathogenesis ("The importance of Nef effects on HIV-1 infectivity for viral pathogenesis"), finanziato dall'UE, ha lavorato su isolati primari di HIV-1 dal sottogruppo C del virus a maggiore prevalenza e trasmissibilità. Dagli esiti del progetto si evince che la Nef rende il virus HIV-1 da 10 a 50 volte più resistente agli effetti neutralizzanti di due anticorpi umani, vale a dire 2F5 e 4E10. Più in particolare, gli esperimenti hanno dimostrato che la Nef agisce riducendo il riconoscimento delle particelle del virus da parte di tali anticorpi, legati a un dominio del rivestimento glicoproteico adiacente alla membrana retrovirale (MPER). I rivestimenti glicoproteici da isolati HIV-1 diversi hanno mostrato una sensibilità simile all'attività della Nef. Oltre a fornire nuove conoscenze sui meccanismi molecolari sottostanti all'infezione HIV e alla progressione della malattia, i risultati del progetto NEF-Pathogenesis potrebbero servire come bersaglio per la terapia e una futura preparazione di vaccini.